Il trattamento ai fini previdenziali monitorato dall’ispettorato nazionale del lavoro e il loro inquadramento quali redditi non professionali

È senza dubbio da considerare di pregevole portata la interpretazione data dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (di recente istituzione) sul trattamento degli emolumenti erogati dalle Società/Associazioni Sportive Dilettantistiche ai propri collaboratori.Le indicazioni operative emanate in materia di contribuzione ai fini previdenziali risultano tanto più opportune se si considera che:

– manca un inquadramento giuslavoristico delle attività svolte dalle varie figure che costituiscono la struttura organizzativa degli enti sportivi;

– le varie istituzioni pubbliche con funzioni dirette al controllo dello specifico settore hanno prodotto orientamenti spesso tra loro contrastanti;

– l’ancoraggio esclusivo alle disposizioni del Testo Unico delle imposte dirette e delle altre varie regole fiscali agevolative destinate in particolare al settore sportivo dilettantistico appare solo in parte idoneo,  dovendo queste norme disciplinare più propriamente le modalità di assoggettamento alle imposte dei soggetti quali percettori di quanto erogato dall’ente sportivo in funzione della loro specifica attività derivandone, conseguentemente, la natura fiscale del reddito prodotto, così come classificato dall’ordinamento tributario di specie e non già ritrarre dalla qualificazione tributaria la natura dell’opera svolta.

Da tutto ciò discende la palese mancanza di una univoca indicazione in merito ai criteri da utilizzare al fine di una corretta applicazione delle norme in materia da parte dei diversi soggetti interessati, vale a dire:

– l’ente sportivo che eroga il compenso;

– il collaboratore percettore;

– gli enti pubblici che sovraintendono alla materia in tema di rapporti di lavoro e previdenziali, tra i quali il neo-costituito Ispettorato Nazionale del Lavoro, Inps, Inail etc….;

– l’Agenzia delle Entrate per il rispetto delle disposizioni fiscali.

Dunque, ne consegue la necessità di valutare ciascuna attività svolta da ogni singolo collaboratore perché solo attraverso la individuazione delle rispettive peculiarità sarà possibile delimitarne l’esatto perimetro di riferimento.

Perciò è necessario individuare caso per caso le mansioni svolte da ciascun collaboratore dell’ente sportivo, all’interno della specifica struttura organizzativa, onde poter qualificare la natura dell’attività svolta e di conseguenza determinare, in forza del diritto cogente:

– la specificità della sorta di attività svolta;

– la tipologia contrattuale eventualmente ad essa da applicare;

– le modalità per l’assoggettamento, se dovuto, alla imposizione fiscale in vigenza delle specifiche disposizioni. Ciò posto, è doveroso richiamare quanto affermato dall’ispettorato Nazionale del Lavoro, nella richiamata circolare n. 1/2016, per poter inquadrare in modo corretto tutta la materia, e precisamente che le vigenti norme consentono di affermare che la volontà del legislatore in questi ultimi anni è stata certamente quella di riservare ai rapporti di collaborazione sportivo

-dilettantistici una normativa speciale, volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico, rimarcando le specificità di tale settore che contempla anche un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale che regola i rapporti di lavoro.Poiché il dante causa è l’ente sportivo quale beneficiario della prestazione del collaboratore ed erogatore dell’emolumento, ne consegue la sua ineluttabile qualificazione di soggetto che persegue finalità sportive dilettantistiche, riconosciute dal C.O.N.I. e da quest’ultimo riconosciuto, al fine di poter soddisfare una delle condizioni necessarie imposte, per essere destinatario della speciale normativa diretta allo specifico settore sportivo dilettantistico.Nella stessa richiamata circolare è affermato che tali finalità sono senza dubbio perseguite dallo stesso C.O.N.I., dalle Federazioni Sportive Nazionali (FSN), dalle Discipline Sportive Associate (DSA) e dagli enti di promozione sportiva (EPS), mentre per quanto attiene al singolo ente sportivo tutte le vigenti agevolazioni sono applicabili esclusivamente alle sole Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche che perseguono finalità sportivo-dilettantistiche senza fine di lucro.

 

Quindi, viene ribadito, in contrasto con la più recente giurisprudenza, che l’individuazione degli enti beneficiari è demandata allo stesso C.O.N.I. ex lege, unico certificatore della effettiva attività svolta dalle Società e dalle Associazioni Sportive Dilettantistiche, attraverso la loro iscrizione al relativo registro, il quale ultimo costituisce:

1 – strumento idoneo a certificare la natura dell’Associazione/Società Sportiva e l’effettiva attività sportiva svolta sotto il controllo dei soggetti affilianti (FSN, DSA, EPS);

2 – condizione principale per l’applicazione del regime agevolativo.

Sorprende, invece, il mancato richiamo al Modello EAS quale condizione necessaria per poter beneficiare tout court dei regimi agevolati, perché, in risposta ad una recente interrogazione parlamentare, l’Agenzia delle Entrate ha precisato la non perentorietà della presentazione di detto modello, intendendo con questo che il regime agevolato può essere usufruito dall’ente sportivo in qualsiasi momento ma solo:

– alle operazioni successive alla sua presentazione;

– se ricorrono i requisiti qualificanti dalla stessa normativa tributaria.

Pur essendo vero che gli effetti della presentazione del modello EAS sono circoscritti ai regimi fiscali, ma considerato che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (I.N.L.), per dare costrutto alla proprie argomentazioni in materia previdenziale, pone l’accento sull’art. 67 T.U.I.R., ancorché possa apparire superfluo, sarebbe stato opportuno, a parere di chi scrive, fare nel documento di prassi richiamato un rinvio alla citata risposta dell’Agenzia delle Entrate, considerata la tempistica dei due diversi vicini interventi ambedue nel corso dell’anno 2016, essendo il primo avvenuto in data 29 settembre ed il secondo, in commento, emanato il successivo 1° dicembre, in quanto tanto più necessario se si considera l’avversa tendenza giurisprudenziale.

Una volta verificata la sussistenza delle necessarie qualificazioni, in capo all’ente sportivo, onde evitare comportamenti inopportuni e perciò cagionevoli di spiacevoli conseguenze, si rende indispensabile la valutazione delle effettive attività svolte dai singoli collaboratori in materia giuslavoristica nonché per il corretto inquadramento ai fini fiscali degli emolumenti percepiti tra quelli indicati alla lettera m) comma 1 art. 67 TUIR, vale a dire:

– indennità di trasferta;

– rimborsi forfettari di spesa;

– premi e compensi.

Si intende che quanto corrisposto deve necessariamente riferirsi all’esercizio diretto di attività sportiva, intendendo con questa non solo le prestazioni rese per la partecipazione a gare e/o manifestazioni sportive, ma anche tutte quelle relative allo svolgimento delle attività dilettantistiche di formazione, di didattica, di preparazione ed assistenza intese nell’accezione più ampia del termine attività sportiva, svolta in forza di regolamenti delle singole Federazioni di appartenenza.

Precisa, anche la circolare, che le qualifiche acquisite dai singoli soggetti attraverso corsi di formazione promossi dalle singole federazioni e la loro iscrizione in albi ed elenchi tenuti dalle stesse Federazioni ovvero dal CONI, da cui risulta la capacità di poter esercitare nell’ambito sportivo determinate attività, così come previsto dai regolamenti interni, non sono di per sé stessi elementi tali da ricondurre i redditi prodotti tra quelli aventi natura professionale: da qui necessariamente la qualificazione di redditi diversi ai fini delle imposte dirette, di cui al richiamato art. 67.

Concludendo e riappropriandoci di quanto affermato dallo stesso I.N.L., sulla base delle considerazioni già espresse, le indennità erogate ai collaboratori sono inquadrabili fra i redditi diversi solo al verificarsi delle seguenti condizioni:

1 – che l’Associazione/Società Sportiva Dilettantistica sia regolarmente riconosciuta dal CONI attraverso l’iscrizione nel Registro delle Società Sportive;

2 – che il soggetto precettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole Federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole Federazioni.

Michele Giannotta

Fonte: Il Calcio Illustrato

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