Pietro Pellegri e Luca Pellegrini. A dividerli ci sono una consonante ed una vocale, ma il destino che li unisce sembra essere più o meno lo stesso. Uno deve compiere diciassette anni a marzo, l’altro ne compie diciannove nello stesso mese. E i due condividono anche lo stesso segno zodiacale. Per l’attaccante del Genoa si è mosso il Monaco, sborsando 25 milioni di euro. Per il terzino romanista, al momento alle prese con la riabilitazione da un grave infortunio, ci sono Paris Saint-Germain e Juve che cercano di assicurarselo.

La domanda è quindi lecita: come mai questa fuga di calciatori promettenti avviene all’improvviso, senza alcuna riflessione da parte delle società a cui i ragazzi appartengono? Mi viene da pensare che ora la classe dirigente italiana ha sì deciso di investire sui giovani (cosa tutta da verificare), ma non per rinforzare le proprie squadre creando un senso di appartenenza che manca ormai da anni (tranne qualche eccezione), quanto per far cassa. E in questo discorso inserisco anche l’opera dei procuratori, che giustamente fanno gli interessi del proprio assistito, ma a volte sono anche collusi con gli stessi dirigenti per mandare in porto l’operazione.

Il denaro manda l’acqua in salita. È un modo di dire, ma è molto esplicativo e utile a far capire che i principi di rispetto, di programmazione, di progetto (termine inflazionato e ripetuto fino allo sfinimento da personaggi approssimativi), svaniscono alla vista dello strumento del diavolo (il vil denaro). Rimane il fatto che il futuro del calcio italiano e la capacità di far emergere i nostri giovani in Italia rimane quasi un’utopia. Ho messo quel quasi perché di contro esistono anche persone che credono in quei valori e che lavorano e si impegnano proprio per migliorare le cose mantenendo quei criteri, che vanno al di là degli interessi personali.
Fonte: IlPosticipo.it

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