Addio a Elio Giulivi, la sua sofferenza è durata più di un mese da quando era rimasto coinvolto in un incidente stradale nei pressi di Capitone, la frazione di Narni dove aveva una grande casa. Dirigente d’azienda ed ex presidente della Lega nazionale calcio dilettanti (LND) se n’è così andato a 85 anni nella notte: dal momento del suo ricovero in ospedale a Terni la sua è sembrata ai più una battaglia perduta. Tanti, tantissimi i messaggi di condoglianze che stanno arrivando alla sua moglie, ai suoi due figli, e che raccontano la sua presa nel mondo del calcio e non solo.
Ogni gradino Elio Giulivi se l’era guadagnato: era nato in una modesta famiglia di Montoro, che l’aveva fatto diventare ragioniere e con il “pezzo di carta” si era impiegato all’Elettrocarbonium. Gli si prospettava una carriera ordinaria, senza picchi. Ma non era per lui: posizione dopo posizione, era riuscito a scalare l’intera piramide aziendale, diventando della grande fabbrica narnese, il direttore, il dominus. Intanto, poi, si era anche laureato, rafforzando la sua leadership. Il rapporto coi “suoi” dipendenti era diretto; magari sembrava burbero, magari si lasciava scappare qualche parola di troppo, ma era sensibile ed attento a tutti e la fabbrica sotto la sua direzione era diventata una vera e propria casa per chi vi lavorava.
Aveva anche visto la potenzialità del calcio, dello sport in genere, dando vita alla fine degli Anni Settanta al gruppo sportivo Elettrocarbonium, che si interessava di tante discipline. Anche in questo caso non ha chiesto sconti a nessuno: la sua squadra, arancionera di maglia, si era iscritta alla terza categoria regionale e, partita dopo partita, campionato dopo campionato, era arrivata al pari della Narnese, nell’Eccellenza, squadra di cui era stato anche dirigente in passato. I derby tra le due formazioni rimangono un ricordo del calcio cittadino, gare all’ultimo sangue. Poi l’Elettro passò in Serie D, raggiunta anche in quel caso dalla Narnese, per continuare una sfida. Sembrava che gli arancioneri dovessero spiccare il salto nelle serie professionistiche ed invece la crisi della fabbrica ridimensionò i piani e si dedicò al solo calcio giovanile.
Ma intanto Giulivi era entrato nel calcio che contava, riuscendo a diventare, sfruttando le alchimie geopolitiche, addirittura il presidente della Lega nazionale dilettanti: 12.000 società, 500.000 tesserati, 37.000 arbitri, il vero corpo del calcio, che faceva capo a lui. E la sua caduta? Repentina! Proprio un arbitro ci mise le mani: Rieti-Pomezia, del 1 giugno ’97, partita valida per gli spareggi per andare in serie D e che era stata inserita nel totogol. L’arbitro fece una serie di errori con espulsioni a raffica, e la gara si sarebbe dovuta chiudere lì. Ma Giulivi spinto dalla sua voglia di risolvere i problemi, sembra avesse chiesto all’arbitro di cambiare il referto. Che fece realmente. Lo scandalo che ne seguì fu colossale, forse animato dalla voglia di farlo fuori, e dovette dimettersi per lasciare il posto al suo vice, quel Tavecchio che è ancora in sella. Da allora è rimasto ai margini, dispensando però consigli e suggerimenti, in maniera disinteressata, come era nella sua indole.
Fonte: IlMessaggero.it