Gabriele Gravina è un uomo saggio, che conosce il calcio in ogni sfaccettatura, dal campo alle poltrone, ma lo aspetta una salita dura, senza pause, piena di trabocchetti. Ci siamo. Dopo undici mesi di passione oggi il pallone malato e stressato riavrà una guida e un governo che dovranno lavorare sodo per tirarlo fuori dalle sabbie mobili in cui è affondato.
Alle ore 11 all’hotel Hilton di Fiumicino, ormai diventata la sede tradizionale, 274 delegati in rappresentanza di sette componenti daranno vita all’assemblea elettiva, la seconda del 2018 dopo quella tragicomica del 29 gennaio scorso che ha aperto la strada al commissariamento. Stavolta rischi non ce ne sono. Unica incertezza è capire se il candidato unico, che gode dell’ampio consenso, sarà eletto come probabile alla prima votazione in cui servono il 75 per cento dei voti oppure alla seconda.
Quello che interessa però sono le mosse dell’uomo che guiderà la quarantaduesima legislatura. La riforma della giustizia sportiva è la priorità: servono norme chiare e tempi certi. Il resto viene a ruota: la sostenibilità dei club, la riforma dei campionati, il semiprofessionismo nella Lega Pro, il rilancio del Club Italia, la corsa a Euro 2028 che dovrebbe diventare la base per rilanciare i nostri stadi. Gravina ha molte idee e poco tempo (meno di due anni). Non sarà un presidente tiranno perché crede «nell’ampio consenso».
E in effetti, almeno all’inizio, il calcio spingerà nella sua direzione. Oltre agli alleati del cartello, i Dilettanti di Sibilia che sarà vice presidente vicario, la Lega Pro, gli allenatori di Ulivieri e gli arbitri di Nicchi, si sono aggiunti i padroni del vapore, la Lega di serie A (Micciché sarà l’altro vice presidente) e quella tormentata di B. Anche una gran parte del sindacato calciatori voterà Gravina. Domani sono già in agenda gli incontri con il sottosegretario con delega allo sport Giorgetti e con Malagò, il capo dello sport. Oggi il nuovo capo del calcio stringerà la mano a Gianni Infantino, presidente della Fifa e a Giorgio Marchetti, segretario generale dell’Uefa, seduti in platea.
Bisognerà aspettare per il primo Consiglio federale, inevitabilmente frenato dai ricorsi dei potenziali consiglieri a causa della legge numero 8 sul limite dei tre mandati e trovare un modo di dialogare con Michele Uva, figura centrale in questi anni, che non sarà più d.g. (le deleghe andranno al segretario) ma resta vicepresidente dell’Uefa. Difficile l’ingaggio di Marotta nel Club Italia.
Fonte: Corriere.it