In principio per il Lecce fu la Lemonsoda.
La genesi di una sponsorizzazione sulle maglie di una squadra di calcio è quella dell’Eintracht Braunschweig, che nella stagione 1972-1973 sottoscrisse un accordo commerciale con la Jägermeister. Ma tale iniziativa dovette superare degli ostacoli che sembravano insormontabili. Infatti, secondo regolamento, la sponsorizzazione sulle maglie era vietata. L’unica cosa che si poteva mostrare sulle divise da gara era lo stemma del club. Come ovviare a tutto ciò? È bastato cambiare lo stemma societario (un leone rampante), con quello della nota azienda di liquori (facendo attenzione a inserire le iniziali del club nello stemma). Ed ecco che dal marzo 1973, l’Eintracht Braunschweig poté sfoggiare sulla divisa il proprio sponsor.
Questa mossa della società di Braunschweig diede la motivazione ache anche le altre squadre, in Germania e non solo affinchè cominciassero ad escogitare degli escamotage uguali per poter usufruire del denaro derivante dalle sponsorizzazioni sulle maglie. E così, dalla stagione successiva, un po’ in tutta Europa apparvero le maglie sponsorizzate.
E in Italia?
Il precursore è senza dubbio il Lanerossi Vicenza. Ma nel caso specifico, la squadra veneta poté esporre la “R” rossa, in quanto il club stesso era di proprietà dell’azienda tessile veneta e tale esposizione era equiparabile a quella dello stemma societario. Ma la storia vera parte con la stagione 1978-1979, quando la Federcalcio permise l’esposizione dello sponsor tecnico. La prima a tentare la strada pionieristica della sponsorizzazione fu l’Udinese, allora in Serie B, che espose il marchio Sanson sui pantaloncini. In fin dei conti le regole valevano per le maglie e niente dicevano riguardo i pantaloni. Ma la famiglia Sanson, proprietaria sia dell’Udinese che dell’omonima azienda di gelati, si vide bloccare la propria sponsorizzazione solo appena dopo alcune partite.
Ma basta aspettare un anno per vedere in Serie A la prima maglia con lo sponsor, quella del Perugia. Al presidente D’Attoma servivano soldi freschi con cui pagare l’allora faraonico ingaggio di Paolo Rossi per tutti in seguito sarà Pablito l’eroe del Mundial 1982. E, siccome la sponsorizzazione era ancora vietata, il presidente dovette creare un escamotage specifico.
Dal nulla nacque una società, un maglificio, che avrebbe fornito le divise della squadra: la Ponte Sportswear. Casualità volle che “Ponte” era anche il nome di un noto pastificio. Ma in qualità di sponsor tecnico, il marchio apparve in bella evidenza sulla divisa della squadra umbra.
La Federcalcio no accettò di buon grado questa iniziativa ed iniziò la sua battaglia per far rimuovere il marchio. Alla fine riuscì, ma nel frattempo D’Attoma fece stampare con il marchio Ponte le tute d’allenamento, le pettorine, le panchine, e tutto ciò che avesse anche un minimo di impatto mediatico.
E la strada fu così aperta, e un po’ tutte le squadre incominciarono a ricorrere a trucchi simili per sorvolare i divieti imposti dalla lega. A partire dalla stagione 1981-1982, il divieto di sponsorizzazione sulle maglie decadde definitivamente.
Storia della Lemonsoda.
Lemonsoda è una bevanda frizzante soft drink al gusto di limone ideata e prodotta in Italia.
Venne creata negli anni quaranta dall’azienda milanese S.A.G.A. (Società Acque Gasate e Affini). A essa vennero poi affiancati altri prodotti similari come Oransoda, e negli anni novanta Pelmosoda, negli anni duemila Mojitosoda.La bevanda al limone Lemonsoda nasce negli anni quaranta per opera dell’azienda milanese S.A.G.A. di proprietà di Ettore Casella, già detentrice del marchio di acque minerali Fonti Levissima, la quale produsse subito dopo anche la bevanda all’arancia Oransoda. Questi marchi vennero in seguito acquisiti rispettivamente dalla compagnia alimentare italiana Crippa & Berger (per quanto riguarda le acque minerali Fonti Levissima) e dalla multinazionale olandese Koninglijke Bols Wessanen (che rilevò i marchi Lemonsoda e Oransoda) nel 1986; Bols Wessanen (che in Italia aveva già rilevato nel 1983 la Terme di Crodo S.p.a. da Piero Ginocchi, società nella quale inglobò i due marchi dopo l’acquisizione)[ decise poi di cedere le sue attività italiane al Gruppo Campari nel 1994.
Nel 2004 viene lanciata sul mercato l’acqua tonica Tonicsoda, primo prodotto della linea nato sotto la gestione Campari. Nel 2010 sono immesse nel mercato due varianti della Lemonsoda tradizionale: la Lemonsoda Zero, senza zucchero, e il Mojitosoda, un cocktail analcolico a base di succo di limone e aroma di menta. Il 2013 è invece l’anno della Piñacolada Soda, nuova bevanda estiva dal gusto esotico ispirata al famoso drink Piña Colada, sempre però rigorosamente analcolica.
Nel 2016 vengono immesse nel mercato due varianti della Lemonsoda tradizionale: la Lemonsoda Zero, senza zucchero, e il Mojito-Soda, un cocktail analcolico a base di succo di limone e aroma di menta.
Sempre nel 2016, Gruppo Campari decide di raggruppare tutta la propria linea di prodotti del settore dei soft drink sotto un unico brand: nasce così Freedea, motherbrand che comprende tutti i marchi del ramo delle bevande di soda analcoliche detenuti dal gruppo.
Nel 2017 il marchio Lemonsoda viene acquisito per 80 milioni di euro dal gruppo danese Royal Unibrew. La cessione comprende le bevande gassate analcoliche a base di frutta Lemonsoda, Oransoda, Pelmosoda e Mojitosoda, raggruppate sotto il brand Freedea, e i marchi Crodo (a esclusione di Crodino).
Nel 2021 viene messo in commercio Lemonsoda Energy Activator, Energy Drink disponibile in 3 gusti (Lemon Original, Lemon Zero e Tropical Trip).
Nella stagione 1983-1984 la Lemonsoda è stata lo sponsor ufficiale della squadra di calcio dell’Unione Sportiva Lecce.