Per chi è nato in Italia a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, il Mondiale di calcio dai primi ricordi più nitidi è quello di casa, quello delle Notti Magiche del 1990.

Un’estate vissuta sull’onda delle emozioni, inseguendo un goal sotto il cielo di un’estate italiana, come cantava l’inno di quell’edizione firmato da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato.

Le speranze della Nazionale di Azeglio Vicini erano riposte tutte nel talento sconfinato di Roberto Baggio e nella cattiveria sotto porta di Gianluca Vialli, un altro beniamino del calcio anni Novanta andato via troppo presto.

Di Schillaci, passato in quell’anno dal Messina alla Juventus, gregario partito dalla panchina, restano i gol e soprattutto quegli occhi sgranati al cielo nella semifinale contro l’Argentina per un rigore negato dall’arbitro Vautrot.

Un eroe venuto dalla periferia, quattro minuti appena per entrare nel cuore degli italiani dopo il gol contro l’Austria. E poi senza fermarsi altre cinque reti contro Cecoslovacchia, Uruguay, Irlanda, Argentina e nella finalina per il bronzo contro l’Inghilterra.

Fu il Mondiale delle gioie e dei rimpianti, per un sogno accarezzato fino ai rigori di quella sfida maledetta contro l’Argentina di Maradona.

Fu il Mondiale di Baggio, ma soprattutto di Schillaci, di quegli occhi spiritati, di un ragazzo venuto dalla periferia del Sud Italia per conquistare il mondo intero.

Dopo l’esperienza con l’Inter e lo scudetto vinto in Giappone, per Schillaci tante apparizioni in tv.

Poi la malattia, un tumore al colon che lo ha portato via nella mattinata di oggi a soli 59 anni.

Ciao Totò (Turi come ti chiamava Gianni Brera). Grazie per tutte le emozioni regalate, grazie per quelle notti magiche, grazie per quegli occhi sgranati al cielo.