“SQUADRA IN SOFFERENZA, DOBBIAMO METTERE TUTTI NELLE CONDIZIONI DI FARE QUELLO CHE SANNO FARE”
Parla in conferenza stampa il nuovo coach Matteo Mecacci, chiamato al capezzale del Toro
È schietto, determinato, preferisce andare dritto al punto piuttosto che usare giri di parole, non nasconde uno spirito tutto toscano nel vedere ed esprimere le cose. Naturalmente conosce anche le difficoltà della situazione. Eccolo Matteo Mecacci, che ha parlato per la prima volta da head-coach granata nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nel pomeriggio di oggi nella sala stampa del Pala San Giuseppe di Lecce.
“Grazie al club, alla proprietà, a Matteo Malaventura per avermi chiesto di allenare questa squadra – ha esordito – innanzitutto voglio salutare Luca Dalmonte, che è una bravissima persona e un grande allenatore, non dimentico le sue parole nei miei confronti dopo la partita di Cento dello scorso giugno. L’anno scorso qui ha portato a casa l’obiettivo, il mio è un doveroso e sincero saluto per lui”.
Fatta la premessa, l’ex coach di Cento entra nel merito della nuova avventura. “Le mie prime impressioni sono positive – ha detto – la società è strutturata e organizzata, al netto della situazione particolare del palazzetto. Ha conquistato la A2 alcuni anni fa, si è consolidata in questo campionato, che quest’anno è diverso. Io lo faccio da più anni rispetto a Nardò e posso dire che adesso è un campionato top per squadre, giocatori, strutture. La squadra in questo momento è in difficoltà, altrimenti non ci sarebbe stato il cambio dell’allenatore, è in sofferenza. Necessita di essere aiutata anche con qualche cambiamento, non intendo di mercato, ma di giocatori che devono ritrovare delle certezze che evidentemente mancano. Ho bisogno di capire come aiutarla. Sicuramente proveremo a cambiare qualcosa a livello di idee, non credo che sabato saremo pronti con tutte le situazioni che vogliamo fare. Credo, però, che la squadra deve ritrovare quell’entusiasmo che vedendola giocare un po’ mancava, l’ho detto anche ai giocatori. A volte smarrisce un po’ il flusso e il ritmo della partita. C’è tanto da lavorare, ci sono americani buoni, ci sono italiani esperti di questa categoria. Il nostro pensiero è quello di salvarci, portare a casa la pelle, per farlo ci sono modi belli e modi meno belli. Ogni giorno dobbiamo provare ad essere la migliore versione di noi stessi. In questo momento ci sono 6 squadre che si giocano gli ultimi 5 posti, Nardò è tra queste. Se una squadra si trova in questa posizione di classifica, è chiaro che non può essere la migliore al tiro, agli assist, ai rimbalzi e così via. Dobbiamo provare a diventare tutti insieme una squadra che migliora un po’ tutte queste cose, questo si ottiene solo con il lavoro. Ogni allenatore ha il suo modo di allenare, il mio penso si possa adattare a questi giocatori. È chiaro che serve tempo, serve pazienza, non adagiandosi sulla scusa del tempo perché in questo campionato ogni vittoria conta. Noi non possiamo mandare i razzi sulla luna, ma cercare di giocare un pochino meglio a pallacanestro”.
L’analisi dell’allenatore senese si fa più dettagliata, anche sul fronte dei singoli. “Woodson – ha spiegato – è un buonissimo giocatore, ho fatto i complimenti alla società per averlo preso. Ha caratteristiche diverse magari rispetto all’idea iniziale dell’americano, però ci sono situazioni in cui è già molto produttivo, vedi media punti. Dobbiamo metterlo in condizioni di giocare insieme alla squadra e secondo me può farlo. E la squadra deve essere brava a giocare con lui. La sua posizione naturale è quella di guardia, ma non vedo perché non possa essere anche un creatore e non solo un finalizzatore”.
La bacchetta magica non esiste, ma la traccia di lavoro evidentemente è molto chiara. “Questa squadra – ha rimarcato – lotta per salvarsi, ha fatto grandi exploit con grandi avversarie, poi ha perso tanti scontri diretti. Però ci sono 22 giornate, il torneo è ancora molto lungo. Bisogna aiutarla ad uscire fuori da questa situazione e l’unica medicina che conosco io è quella di mettere i giocatori nelle migliori condizioni di fare quello che sanno fare. Parlo di tutti e 10 giocatori. Devo capire come adattarmi alla squadra e loro devono capire come adattarsi a me. Non esiste la ricetta perfetta, serve la voglia e l’orgoglio dei ragazzi nel farsi trovare pronti in tutte le situazioni. Quando una squadra è in difficoltà, è in difficoltà su tutto. Manca la continuità su certe situazioni, serve seguire un filo lineare nella partita per arrivare a giocarsela sempre. La squadra deve stabilizzarsi nel modo di giocare. Nelle ultime tre partite, al di là di vittorie e sconfitte, ci sono state tre partite diverse, sia in difesa che in attacco. Dobbiamo trovare delle certezze ed essere più lineari. In questo senso ho trovato grande disponibilità”.
Gli scherzi del destino, l’ultima panchina di Matteo Mecacci è dello scorso 9 giugno, giornata conclusiva del girone salvezza, proprio contro Nardò (le due squadre erano già salve entrambe). E Cento e la squadra che è costata la panchina a Luca Dalmonte. Incroci di vita e di pallacanestro. “A Cento – ha fatto sapere – hanno detto che mi hanno fatto un regalo. Lì ho chiuso una parte importante della mia vita. Mi ha sempre stuzzicato la realtà di Nardò, perché un po’ si trova nella situazione in cui ho trovato Cento. Poi è chiaro che mi ero rotto di stare sul divano, sono venuto sapendo che la situazione è difficile e che bisogna sbattersi. Nardò è una piazza calorosa, io al Sud ci sto bene, dopo cinque anni di nebbia credo che un po’ di sole e un po’ di pasticciotti mi facciano bene”.
Calendario e ambiente sono gli ultimi due temi sul tavolo di Mecacci. “A Milano andiamo per vincere, vorrei provare a fare qualche esperimento per capire la squadra in che situazione mentale si trova. Vorrei provare qualche quintetto diverso, se la partita me ne darà la possibilità. Adesso siamo un cantiere. Il calendario che abbiamo è difficile, ma Nardò ha vinto solo uno scontro con diretto. Il campionato è complicato e bellissimo, però un po’ con l’orgoglio, un po’ con altre cose, noi dobbiamo cercare di fare punti. C’è anche la componente tifosi, da cui non possiamo pretendere baci e abbracci se perdiamo. Però, abbiamo bisogno di positività, perché dall’esterno mi pare di aver visto nell’ultimo periodo un po’ l’assalto a Fort Apache. L’ambiente si deve stringere attorno alla squadra, al di là dell’emotività del tifoso. La A2 è patrimonio della società e della città, non è dell’allenatore che è arrivato il 16 dicembre o dei giocatori che oggi sono qui e domani dall’altra parte del mondo. La salvezza sarà come aver vinto il campionato”.
Accanto a Mecacci in conferenza stampa il direttore sportivo Matteo Malaventura, il punto di vista della società su questo momento della stagione e della vita del club. “Quando si è in questa situazione – ha detto – siamo tutti responsabili. È ovvio che la cosa più semplice è mandare via l’allenatore per cercare di dare una sterzata alla stagione. Tutti, però, ne dobbiamo venire fuori. Ringrazio Luca per quello che ha fatto, la sua carriera parla lui e non c’è bisogno di aggiungere altro. Adesso si traccia una linea e si va avanti. Noi dobbiamo salvarci e dobbiamo farlo in tutti i modi possibili. Sappiamo di essere in una situazione difficile, ma sapevamo anche che questo sarebbe stato un campionato durissimo. Siamo lì nel gruppo di squadre in cui immaginavamo di stare a questo punto. È chiaro che ci sono delle difficoltà, abbiamo delle lacune, come tutte, dobbiamo essere bravi a nascondere i nostri difetti ed esaltare le nostre qualità. Siamo vigili sul mercato, anche se quest’anno è difficilissimo perché non ci sono tanti giocatori italiani disponibili. Interverremo se ci saranno le condizioni, ma non dobbiamo farlo tanto per farlo o per muovere qualcosa. Se riusciremo ad ottenere la salvezza abbiamo vinto tutti, sarà come aver vinto uno scudetto. La A2 è una cosa meravigliosa per la città e per il territorio. La medicina è lavorare duro, stare compatti, essere gruppo, andare tutti in un’unica direzione”.