Oggi 2 gennaio 2025 presso l’ Hotel Sheraton di Milano riapre ufficialmente il calciomercato italiano che terminerà il 3 febbraio prossimo.
Questa che si avvia in data odierna è’ la sessione invernale la quale permette alle società calcistiche di porre rimedi a qualche errore fatto nella campagna acquisti estiva, oppure di qualche calciatore della propria rosa venuto meno per vari motivi (infortuni, squalifiche di lungo periodo, ecc..). E’ una sorta di fiera in cui tutti gli addetti ai lavori si incontrano, discutono, trattano, fanno affari veri e presunti.
Una “finestra” di ravvedimento e rafforzamento per le squadre, che può segnare il destino di una stagione sportiva sia in positivo che in negativo.
Eppure la mercificazione del calciatore come emblema di oggeto volto alla corresponsione di un prezzo per il suo tesseramento ed ingaggio ha da sempre posto nell’opinione pubblica a volte in maniera intensa opinioni contrastanti. Dietro un calciatore vi sono dei veri staff di professionisti che lavorano per lui; in primis l’agente, consulenti d’immagine e collaboratori personali ( come psicologi e nutrizionisti, ndr) parliamo naturalmente di atleti professionisti e comunque di alto livello. Tutte queste figure sono a libro paga direttamente e non del calciatore. Ci si domanda se tutto questo fiume di denaro che circola nel mondo del pallone sia moralmente e giuridicamente accettabile, visto e considerato anche il forte indebitamento delle società calcistiche stesse nel suo complesso.
Lo sport se non si prefissa oltre lo scopo del mero risultato agonistico anche missioni nobili e di alto valore morale perde un pò del suo fascino.
Le grandi imprese sportive spesso sono nate in periodi e circostanze avverse per gli attori che interpretano le varie discipline; per tale ragione si propende a dare ad essi un’immagine eroica, mitica che si protrae nel corso dei decenni tramite divulgazioni scritte e orali.
I grandi atleti nella storia dello sport sono nati e cresciuti in condizioni di povertà e di restrinzioni, ma forse proprio per questo motivo sono stati forgiati alla resistenza e propensi alla voglia di un riscatto sociale che passava attraverso lo sport in maniera disciplinata.
I tanti episodi di violenza sugli arbitri verificatesi negli ultimi mesi per esempio, è frutto di mancanza di educazione da parte di alcuni atleti del nostro tempo, che non hanno ben compreso che cosa significhi una competizione sportiva, sfogando le proprie egoistiche frustrazioni sui direttore di gara.
Un opinione autorevole in merito fu data anni fa dall’ex governatore della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Il suo stile è inconfondibile per il suo lessico forbito.
Nicola Maria Vendola, detto Nichi (Bari, 26 agosto 1958), è un politico italiano, già presidente nazionale di Sinistra Ecologia Libertà attualmente Sinistra Italiana , oltre che presidente della Regione Puglia dal 2005 al 2015; terzogenito (ha due fratelli e una sorella), Vendola è cresciuto a Terlizzi col padre impiegato alle poste e la madre casalinga. Il diminutivo Nichi gli venne dato dai genitori in omaggio all’ex presidente sovietico Nikita Krusciov, di cui avevano simpatia in quanto promotore della cosiddetta destalinizzazione alla fine degli anni cinquanta.
Laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” con una tesi su Pier Paolo Pasolini, relatore Arcangelo Leone de Castris, in gioventù fu allievo di mons. Tonino Bello. È giornalista professionista, iscritto dal 1991 all’Ordine dei Giornalisti della Puglia.
Nell’ultimo anno del suo mandato presidenziale Nichi Vendola parlò del suo rapporto con lo sport e con il calcio in particolar modo.
Accadde a Bari: in occasione della Fiera del Levante, nella Sala Tridente (il 5 febbraio 2014) un evento definito importante per tutto quanto ruotava intorno agli arbitri di calcio a 11, e quindi al calcio e al suo regolamento. Partecipò ad un convegno sul rispetto della sportività e della lealtà assieme a dirigenti di spessore in ambito sportivo come ad esempio Marcello Nicchi (presidente AIA), Renzo Ulivieri (presidente degli allenatori), Vito Tisci (presidente FIGC Puglia), Lello Giove (presidente comitato arbitri di Puglia). In più vi era Marco Di Napoli, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Brindisi. Una serata descritta “memorabile” sul sito dell’AIA (Associazione Italiana Arbitri) di Bari, organizzata proprio dal presidente e dal vice presidente della sezione arbitrale del capoluogo pugliese.
Molte le figure note tra gli ospiti presenti in quella serata, fra cui appunto Nichi Vendola, governatore della Regione Puglia e leader del partito di sinistra radicale, SEL (attualmente all’opposizione di governo come Sinistra Italiana).
L’intervento finale della manifestazione toccò proprio a Nichi Vendola, che rivelò di non essere mai stato un grande appassionato di sport, ma spese parole di elogio verso la figura dell’arbitro, “vero custode delle regole”. Dichiarò inoltre di non apprezzare l’idea di “attribuire un prezzo ad un uomo”, ossia di non apprezzare il calcio mercato. A parte tutto, Vendola cercò di trovare del buono nello sport, che doveva educare alla convivenza, alla comunità e alla collaborazione. Il governatore pugliese pensò che i valori di questa attività umana potevano quindi essere utili ad abbattere alcune “barriere culturali”, in riferimento al razzismo ancora presente nella nostra società, e citava come esempio il campione di boxe Cassius Clay, “uomo di colore che con la sua eleganza e lealtà sportiva dava esempi di vita a milioni di persone che ritenevano inferiore la sua razza”. Lo sport dunque secondo il concetto espresso da Vendola all’epoca può abbattere le barriere culturali, e secondo Vendola la figura dell’arbitro, nello sport, è l’autorità assoluta del regolamento, e dunque su di lui gravano grosse responsabilità.