Il 27 aprile 2014, la Puglia abbracciò la Palestina.

Il leader all’ epoca di Sinistra Ecologia e Libertà e governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, visitò i Territori palestinesi ed Israele. Vendola con una delegazione del partito di cui facevano parte il responsabile esteri Arturo Scotto, il capogruppo dei deputati Gennaro Migliore e Francesco Martone del Dipartimento Esteri – andò in quei giorni sul fronte palestinese a Ramallah, Hebron, Betlemme e su quello israeliano a Tel Aviv e Gerusalemme. Con l’europarlamentare di Sel Luisa Morgantini, incontro’ i familiari del leader Marwan Barghouti. “Totale vicinanza con il popolo palestinese”. Queste furono le parole nette del governatore pugliese.
Nel programma di Vendola vi fu anche la visita al mausoleo dedicato a Yasser Arafat e l’incontro con l’attuale presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, la cerimonia per Yom HaShoah allo Yad Vashem, e la visita Tempio italiano di Gerusalemme.

In una nota della Palestina Football Association del 16 luglio 2024 che riportiamo fedelmente: Gli orrori dell’ aggressione in corso dal 7 ottobre
2023 sono costati allo sport palestinese i suoi migliori giocatori, allenatori e dirigenti. Né le leggi sportive né le convenzioni internazionali e umanitarie sono riuscite a risparmiargli questa tragedia, tra l’inazione internazionale e il silenzio delle organizzazioni sportive internazionali.

Le ultime statistiche della Federazione calcistica palestinese, che monitora le violazioni, mostrano che il numero dei martiri del movimento sportivo è salito a 343 dal 7 ottobre, tra cui 242 martiri del calcio (67 bambini e 174 adulti).

Migliaia di persone sono rimaste ferite e sfollate e il numero dei dispersi resta sconosciuto a causa della scarsità di risorse disponibili nella Striscia di Gaza.

Le carceri di occupazione israeliane sono affollate di prigionieri del movimento sportivo palestinese, tra cui condannati, detenuti e sottoposti a detenzione amministrativa. Nel calcio, 12 giocatori languiscono nelle celle di occupazione.
Gli stadi non sono più adatti al gioco

Proprio come i giocatori non furono risparmiati, anche gli stadi non furono risparmiati dal crimine sistematico e l’occupazione e i suoi soldati portarono devastazione, distruzione e tirannia. Gli aerei e l’artiglieria dell’occupazione ne hanno bombardati molti, oltre a distruggere la sede del club, la sede della Federazione calcistica palestinese nella Striscia di Gaza e la sede del Comitato olimpico palestinese.

Gli stadi della Striscia di Gaza risparmiati dai bombardamenti sono stati trasformati in rifugi per gli sfollati in fuga dai violenti bombardamenti, come lo stadio Mohammed al-Durra. Altri furono trasformati in campi delle forze di occupazione, centri di detenzione e centri per interrogatori sul campo per centinaia di palestinesi che subirono ogni sorta di tortura e violazioni dei diritti umani. Lo stesso fecero le forze di occupazione allo stadio Yarmouk, che distrussero prima di ritirarsi.

La situazione in Cisgiordania e a Gerusalemme non era molto diversa. L’occupazione ha preso di mira la sede del Jenin Camp Youth Center, il Nour Shams Camp Center, il Tulkarm Center Club, il Beitunia Sports Stadium ed ha emesso ordini di demolizione contro la sede dell’Issawiya Club. Inoltre, le forze di occupazione hanno distrutto proprietà, infrastrutture e servizi legati al settore sportivo e calcistico.

Secondo le statistiche, 49 impianti sportivi sono stati distrutti o presi di mira, 42 dei quali nella Striscia di Gaza e 7 in Cisgiordania.

Di fatto Il campionato di calcio palestinese è stato cancellato. Gli atleti di Gaza non possono uscire dalla Striscia, diversi di loro sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani, le squadre sono disperse e le strutture sportive distrutte o rese inagibili. La nazionale di calcio ha perso numerosi atleti e in Cisgiordania gli allenamenti sono resi difficili o impossibili dalle limitazioni agli spostamenti dettate da Israele.

Nonostante ciò, la Federazione calcistica palestinese (PFA) ha deciso di non abbandonare le competizioni internazionali e di far di tutto, anzi, per qualificarsi alle fasi finali della Coppa del mondo 2026.
“Le restrizioni sul nostro movimento e le politiche soffocanti degli israeliani hanno paralizzato tutto”, ha dichiarato Jibril Rajoub, il presidente della Federazione calcistica palestinese a Reuters. “Abbiamo sospeso tutto, compreso il campionato nazionale, ma nonostante ciò abbiamo insistito per continuare la nostra partecipazione alle competizioni, e questo include la qualificazione alla Coppa del Mondo. Abbiamo un grave problema perché non siamo riusciti a portare nessun atleta da Gaza e decine di loro hanno perso la vita. Nella Striscia tutte le strutture sportive sono state distrutte, compresa la maggior parte dei club, gli stadi. In Cisgiordania, ci stanno soffocando, non possiamo fare nulla. Ma siamo determinati e ci impegneremo per riuscire nel nostro scopo”.
Nella Palestina occupata sei squadre di calcio israeliane sono incluse nella lega calcistica di Tel Aviv e hanno il permesso di giocare e di allenarsi. Sono team di coloni israeliani che occupano la Cisgiordania palestinese in maniera illegale per il diritto internazionale. Israele consente loro di spostarsi, allenarsi e di organizzare competizioni. Lo stesso diritto non è garantito per le formazioni palestinesi. La nazionale, ad esempio, ha potuto riprendere la preparazione atletica a dicembre 2023 ma solo grazie all’ospitalità di Algeria e Arabia Saudita.
Attualmente la Palestina è 95esima nel ranking mondiale FIFA.
Indipendentemente da tutto, la speranza è che nella Striscia di Gaza ritornino quanto prima le condizioni di umanità, necessarie affinché il popolo Palestinese possa vivere dignitosamente in pace e nel sacrosanto diritto di autodeterminarsi. La pace tra i popoli, la convivenza nel reciproco scambio di mutualità cooperante, con la prospettiva di progresso è alla base del vivere civile. Lo sport può essere il maggiore interprete di tutto questo.

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