Nell’ambito del programma dei Centri Federali Territoriali uno degli aspetti maggiormente curati dagli staff delle 30 strutture avviate in tutto il Paese è rappresentato dalle attività di carattere formativo ed educativo. Un percorso rivolto a ragazzi, ragazze, genitori e tecnici che accompagna tutti i diretti interessati contestualmente alle fasi di addestramento tecnico, affrontando tematiche relative alla salute, al corretto stile di vita, all’alimentazione e agli aspetti psicologici dello sport.
Uno degli argomenti trattati nel corso dell’attività degli ultimi mesi riguarda l’abbandono della pratica sportiva in età adolescenziale, soprattutto legato a cause motivazionali. E’ appurato che lo sport praticato in maniera sana ed equilibrata favorisce il benessere psicofisico e permette di apprendere valori importanti per la propria crescita personale. Purtroppo è tendenza sempre più diffusa quella di interrompere la propria attività sportiva, proprio durante il periodo dell’adolescenza. Il motivo può essere ricondotto principalmente ad una perdita di motivazioni, nella misura in cui questo termine è usato per indicare l’insieme dei fattori, interni ed esterni all’organismo, che prendono parte alla determinazione del comportamento dell’individuo e che conferiscono ad esso scopo e significato. Per tale motivo, è possibile affermare che la motivazione sia un processo interno alla persona, influenzato tuttavia dal contesto ambientale, il quale ha un impatto critico sulle valutazioni personali.
La maggior parte delle teorie che tentano di rendere chiaro il concetto di motivazione, ad oggi, attribuisce estrema importanza ad un suo aspetto: la percezione di competenza. Nel processo di percezione di competenza è rilevante non la competenza oggettiva, bensì la percezione soggettiva di essa. All’interno di quest’ottica, l’individuo dà estrema importanza alla causa alla quale egli attribuisce il successo o il fallimento di una sua azione, tenendo in considerazione più elementi connessi tra di loro. Per questo gli allenatori potrebbero lavorare sull’individuazione delle cause tecniche degli errori e programmare interventi su obiettivi individualizzati, ossia specifici per ciascun individuo. I genitori potrebbero, insieme agli allenatori, lavorare invece sulla consapevolezza delle attribuzioni causali compiute dai loro figli.
Fonte: Figc.it