Monaco già trenta finalisti azzurri (inteso come piazzamenti tra i primi otto), eguagliato il record di trentadue anni fa a Spalato 1990, quando manca ancora la sessione di stasera nella quale l’Italia sarà impegnata in almeno quattro finali. Un totale di 122,5 punti nella placing table, con i 136,5 punti di Spalato nel mirino, nonostante le ovvie difficoltà nel confrontare due epoche così diverse. Si parte dai numeri per tracciare un primo bilancio della spedizione azzurra agli Europei in Baviera, a poche ore dalla serata finale nella quale andranno in pista Yeman Crippa e Pietro Riva nella finale dei 10.000, Elena Vallortigara nell’alto, Simone Barontini negli 800 e il quartetto della 4×100 femminile composto da Zaynab Dosso, Dalia Kaddari, Anna Bongiorni e Alessia Pavese, oltre alla semifinale di Elisa Di Lazzaro (100hs). A Casa Italia Collection parlano il presidente della FIDAL Stefano Mei e il direttore tecnico Antonio La Torre, d’accordo nel ritenere che sia stata un’edizione decisamente positiva.

“L’obiettivo era allargare la base di atleti che possono ambire all’alto livello e ci siamo riusciti – esordisce il presidente federale – è chiaro che gli Europei siano un altro ambito rispetto ai Mondiali, ma vedere tanti giovani che crescono e arrivano in modo anche sorprendente a giocarsi un posto tra i migliori d’Europa è qualcosa che fa piacere a chi guida una Federazione. Un pochino mi dispiace di non poter migliorare Spalato per numero di medaglie d’oro, aveva ragione il DT a frenare un po’, però considero il bilancio assolutamente positivo. Abbiamo avuto la conferma che tanti ragazzi potranno essere protagonisti il prossimo anno ai Mondiali di Budapest. Il traino di 5 ori olimpici continua ad esserci: quando hanno vinto Marcell Jacobs e Gimbo Tamberi ho visto la luce negli occhi di tutta la squadra. Un esempio su tutti: Pietro Arese. Ha osato e ha fatto una grandissima gara, lo spagnolo che gli è arrivato davanti di pochissimo ha fatto 3:30 ai Mondiali”. Sulla vicenda Jacobs, il presidente Mei risponde con chiarezza: “Tornando indietro sarebbero state fatte altre scelte – le parole di Mei – Marcell avrebbe voluto correre la batteria della 4×100, aveva manifestato la sua disponibilità. Il suo allenatore era un po’ perplesso e avrebbe preferito un impegno soltanto per la finale. Gli si è chiesto comunque di correre perché c’era il rischio di non entrare in finale senza di lui. Quando ha sentito il fastidio al polpaccio a pochi minuti dalla call room, si è pensato per precauzione di evitargli la gara. Come sapete, evito di interferire nelle scelte tecniche. Ricordiamoci che sin da maggio Marcell è stato limitato da una serie di problematiche: il mio auspicio è che possa quanto prima resettare tutto, ritrovando l’equilibrio fisico, visto che per tutto l’anno ha dovuto inseguire con generosità la forma migliore”.

Tra le varie prestazioni individuali, il presidente Mei sottolinea il record italiano di Dario Dester nel decathlon: “Il nostro progetto sulle prove multiple lo ha aiutato, dobbiamo investire ancora un po’, ma ha dimostrato che può stare con i migliori”. Chiusura con un ringraziamento “alla struttura tecnica per il lavoro sulla squadra e al team della comunicazione a partire da Marco Sicari”.

“L’esame è superato: non abbiamo preso 100 ma sicuramente un voto abbastanza alto – le parole del direttore tecnico Antonio La Torre – avevo detto che al di là delle nostre punte sarebbe stato importante verificare la consistenza della squadra, e noi siamo andati abbastanza oltre le previsioni come numero di finalisti. È la base per i prossimi due anni. Il portato di Tokyo non si è sbriciolato, non è sparito, e questo ci permetterà di fare le cose al meglio nel 2023 per poi puntare ad avere almeno 36 finalisti agli Europei di Roma 2024. Abbiano un terreno da arare. Non che prima non ci fosse, ma rispetto a Berlino 2018 usciamo completamente diversi”.

Il DT La Torre non si tira indietro nell’analisi di aspetti meno positivi della spedizione: “I risultati non ci esimono dall’esaminare tutte le criticità. Sulle staffette ci assumiamo totalmente la responsabilità, l’anno prossimo dobbiamo tornare a fare 4 su 4 in finale ai Mondiali. Di Mulo, cercato da diverse nazioni e osannato da tutti, pensate non stia rimuginando? Per i quattrocentisti dobbiamo capire come sopportare meglio il passaggio dei turni. La 20 km di Stano ci costringe a rianalizzare il tema del recupero tra una competizione e un’altra dopo la 35 km dei Mondiali. Ma avete visto con quale dignità il campione olimpico abbia onorato la gara. Penso poi alla maratona: avevamo atleti di punta e, tolta Epis, abbiamo fallito rispetto alle potenzialità. Sono convinto che Aouani, e Faniel che qui non c’era, potranno essere protagonisti nel 2023. Penso anche a talenti come la discobola Osakue, dobbiamo essere capaci di portarli a maturazione. Nel peso femminile e nel giavellotto dobbiamo cambiare a partire dal reclutamento. Nell’asta maschile siamo praticamente spariti, Stecchi da due anni fa di tutto per poterci essere. E restando ai salti, perché nasconderci che qui non c’è Sottile? Nel mezzofondo non possiamo accontentarci di Crippa, dei siepisti, di Arese, di Barontini, che pure sono stati tra i momenti più emozionanti dell’Europeo: da anni non si vedevano queste cose”.

Tra i momenti che resteranno della rassegna continentale c’è il bronzo di Filippo Tortu nei 200, a 44 anni dall’ultima medaglia azzurra con Mennea: “Vincere l’oro era un bellissimo sogno e un desiderio, ma nei fatti Filippo sta ancora imparando a fare questa specialità – il giudizio del DT – Ho visto la sua crescita gara per gara e credo che le distanze con gli altri si accorceranno presto”. Infine, Dester e le multiple: “Lui e Sveva Gerevini sono il frutto del lavoro organizzato dalla federazione nei raduni e dello scambio di esperienze con tutti i settori. Grande merito a coach Pietro Frittoli: sul pullman di ritorno stavano già ragionando su cosa migliorare”

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