Buongiorno Savita, in base all’ordine alfabetico che stiamo seguendo per queste interviste olimpiche tocca a te la numero 10! Vai con la tua presentazione: nome, cognome, categoria di peso e risultati sportivi più importanti.
“Allora, Savita Russo, 63 chili eeeh… ho vinto il campionato d’Europa junior, l’anno scorso… ho fatto terza all’Europeo senior quest’anno. Poi a livello italiano ho fatto terza all’Assoluto nel 2022, terza al Mondiale cadetti 2022 e poi vari titoli italiani”.
- Se pensi alla parola Olimpiade, così di getto, che cosa ti viene in mente?
“Il top! Qualcosa di grande… tipo… un sogno. Sì, un sogno”.
- La prima immagine che hai delle Olimpiadi? Il primo ricordo?
“Fabio che ha vinto le Olimpiadi”.
- Raccontaci un po’, che facevi a quel tempo?
“Non… ma sinceramente non seguivo il judo in quel periodo… ero piccola. Nel 2006 c’avevo… avevo? Quanti anni avevo? Undic’anni, non facevo… però avevo visto che un italiano aveva vinto le Olimpiadi, mi ha incuriosito sta cosa e… era tipo il mio idolo… in quel momento. L’ho visto come un eroe, aveva fatto un’impresa secondo me. Quindi parteciparci ora sembra pazzesco… assurdo”.
- L’hai raccontato a Fabio questo fatto?
“No, sinceramente no”.
- Quindi tu non facevi ancora judo?
“No sì sì, facevo facevo judo, però non seguivo le gare capito… lo facevo così, giusto per… però ho saputo di questo campione olimpico… che bravo!”
- Che cos’è per te il judo?
“Il judo è vita. Senza il judo non so che cosa farei… come disciplina ti forma e non è solo sport alla fine… no? Impari a vivere veramente. Penso sia la cosa più importante nella mia vita… per ora. Oltre la famiglia, gli amici… poi c’è il judo”.
- Ritornando all’Olimpiade, una domanda banale, qual è l’obiettivo di Savita per le Olimpiadi di Parigi?
“Allora l’obiettivo… allora… vincere sicuramente è il massimo che può succedere, qualsiasi gara se la vinci fai il massimo, no? Però principalmente secondo me è divertirmi pure… molti mi hanno detto di vivere quest’esperienza tranquilla, perché sei giovane, è la tua prima Olimpiade… comunque una tappa molto importante nella mia vita, però se la vivo male, piena di ansia e piena di pressioni, non ha senso, non mi rimane nulla di buono come esperienza… però invece divertendomi sarà una bella esperienza, al di là del risultato eccetera”.
- Quindi non ti interessa vincere una medaglia?
“No, cioè… non è l’obiettivo primario, ma la prima cosa è divertirmi, esprimere il judo che so fare e poi vediamo che succede”.
- Che cosa ti ricordi del momento in cui ti è stata data la notizia che eri qualificata per le Olimpiadi?
“Quando mi è arrivata proprio la certezza… perché c’era un periodo che forse… forse sì e forse no… si passava dall’uno all’altro e non si capiva niente… perché tipo fino al mondiale avevo la quota. Poi dopo il mondiale, essendo che è andata male la gara, non si sapeva a chi sarebbe andata questa quota… quindi le possibilità erano proprio minime, però io ho detto se la possibilità c’è perché non sperarci ancora? E poi quando mi è arrivata la notizia io stavo da mia nonna… sì, da mia nonna, e c’erano tutti i parenti là. E allora ho detto alla nonna: nonna, a luglio vado a fare una gara, le ho detto. E lei, manco sa che a luglio c’è la gara, ha detto: che gara devi fare? Vado a Parigi! È scoppiata a piangere! Credo sia stato un traguardo per tutta la mia famiglia, non solo per me. Vederli così felici quando ho detto questa cosa è stato molto bello”.
- Il percorso che porta alle Olimpiadi è un percorso lungo ed articolato, che comprende molte figure diverse. Se pensi a queste persone, cosa vorresti dir loro in questo momento?
“Grazie per tutto quello che hanno fatto, perché senza di loro non sarei qua. Per esempio, io mi alleno a Scicli, ma non sono di Scicli, sono di Ragusa. E quindi ogni giorno, da tipo cinque anni, ci accompagnano i genitori, si danno il cambio per accompagnarci… è tipo mezz’oretta ed ogni volta ci accompagnano, aspettano là l’allenamento, finiamo e loro di nuovo ci accompagnano a casa. Cioè è comunque un impegno per tutti loro. Quindi veramente grazie per quello che hanno fatto, sennò non saremmo qui. Una partecipazione alle Olimpiadi è un modo per ringraziarli tutti, anche se loro dicono che sacrifici non sono, perché se una cosa la fai con piacere non è un sacrificio. Però sempre sacrifici sono, perché spendi tempo, denaro per tutto questo percorso che abbiamo fatto. Un percorso di alti e tantissimi bassi, ma il fatto di non avere mai smesso di credere in me, ecco, li ringrazio per quello”.
- Se provi a chiudere gli occhi e pensi che oggi è il giorno della gara, puoi raccontarci qual è la tua routine? Come ti prepari, quali
- sono i modi per trovare la concentrazione? Portaci con te in questi momenti…
- “Allora io il giorno della gara… intanto già dalla mattina il telefono scompare. Cioè non lo utilizzo assolutamente, né musica… perché mi distraggono anziché farmi concentrare. Poi alla mattina… quindi mi alzo, sicuramente avrò ansia, quello è sicuro… mi alzo, faccio colazione, anche se non ho fame perché l’ansia mi toglie la fame… però mi costringo che devo mangiare, perché se no non faccio niente… poi vado al palazzetto e là già inizia a crescere l’ansia, poi quando metti il judogi ed inizi a scaldarti un po’ ti tranquillizzi ed entri nella mentalità della gara e poi… poi quando ti chiamano è finita. Quando ti chiamano per salire sul tatami è brutto, molto brutto. Però quando sali poi ti passa. Il tempo che fai quel percorso là ti passa”.
Se tu dovessi vincere una medaglia, quale potrebbe essere il primo pensiero che ti viene in mente?
“Il primo pensiero che mi viene in mente? La mia famiglia sicuramente, il mio maestro, che sarà là, spero, a vedere la gara eeee… sarò felice, perché una medaglia olimpica è tanta roba. Però non lo so, perché secondo me manco m’immagino cosa sarebbe… no, secondo me non immagino”.
- Anche se non riesci ad immaginarla, se la dovessi dedicare a qualcuno, chi sarebbe?
“La famiglia. Poi la palestra, sì il maestro sicuramente, perché è lui che mi segue da cinque anni, perché ho cambiato palestra, però tutti i miei compagni, tutti
gli altri allenatori, perché senza di loro non avrei potuto fare mai niente… mi sostengono, mi aiutano, per allenarmi perché se no da sola… judo è uno sport individuale, ma c’è bisogno di tutto quello che c’è intorno”.
- Una dedica a te stessa?
“A me stessa pure? A vabbè, per tutto l’impegno che ci ho messo, perché è comunque un sogno arrivare là. Però se mi chiedi, cosa proverò nel caso andassi in finale? Sì, sicuramente: grazie anche a me!”.