Prima di affrontare il summit, avrebbe chiamato il suo Grande Elettore Adriano Galliani per sapere se anche Forza Italia voleva le sue dimissioni. L’ex dirigente del Milan l’avrebbe rassicurato. A questo punto, con l’appoggio del senatore azzurro Cosimo Sibilia, che conta sei voti della Lega Pro, è difficile che Tavecchio lasci

 

Alla fine è andata come si sapeva. Giampiero Ventura è stato esonerato. Badate bene, non si è dimesso, ma è stato cacciato, come prevedeva il gioco delle parti. E Carlo Tavecchio resta, e non lo butterà fuori più nessuno, con grande soddisfazione sua e dei suoi amici. E grande dispiacere di tutti gli altri: pazienza. Così va il calcio, dalle nostre parti. Tavecchio  alla riunione della Fgci ha subito tenuto a chiarire, prima ancora che si cominciasse a discutere, la sua «indisponibilità a rimettere il mandato». Va bene, lo stava chiedendo tutta Italia. Ma quelli che contano no. Prima di affrontare il summit, avrebbe chiamato il suo Grande Elettore Adriano Galliani per sapere se anche Forza Italia voleva le sue dimissioni. L’ex dirigente del Milan l’avrebbe rassicurato. Un po’ s’era già capito dalla tiepidezza con cui lo attaccavano (anzi, non lo attaccavano) le televisioni Mediaset.

Tavecchio attaccato alla poltrona

A questo punto, con l’appoggio del senatore azzurro Cosimo Sibilia, che conta sei voti della Lega Pro, è difficile far fuori uno che non molla mai come Tavecchio, attaccato disperatamente alla sua poltrona, nonostante l’età non più giovanissima. Senza contare che un altro valido esponente della nuova generazione di rampanti sotto gli ottant’anni, Renzo Ulivieri, 76 anni, due in più di Tavecchio, è passato armi e bagagli con il presidente della Federazione, senza nascondere pure toni molto accesi, come se gli stessero attaccando il fratello. La solidarietà della memoria.
Tavecchio che quando vuole è un vero e proprio artista della parola (come dimostra anche quella sua elegantissima battuta sui gay: «tenetemeli lontano. Io sono normalissimo»), ha tirato fuori tutta la sua classe per convincere gli astanti, se mai ce ne fosse stato bisogno: non poteva rimettere il mandato «per assumersi la responsabilità», – ha detto proprio così -, «di sottoporre al consiglio federale di prossima convocazione una serie di proposte». Sembra incredibile, ma nessuno s’è messo a ridere.

Tommasi abbandona l’incontro

 

Tutti d’accordo, invece, a parte Tommasi, il rappresentante dei calciatori, che se n’è andato via prima per protesta. Ma anche questa è la giusta fotografia del nostro movimento. Quelli che riempiono gli stadi non contano niente. Quelli che contano sono i voti che prende Tavecchio. Come quello di Lotito, altro mister eleganza che una volta su Marotta, l’ad della Juve, pronunciò questo giudizio accorato: «Il problema con Marotta è che con un occhio gioca a biliardo e con l’altro mette i punti». O Massimo Ferrero, presidente della Samp, altro esempio di delicatezza: «L’ho detto a Moratti, caccia quer filippino (che sarebbe l’indonesiano Thohir)». Chissà perché poi ci stupiamo tutte le volte se andiamo così male. Questo è il nostro sistema. Questa è la verità. 

Paga Ventura per tutti

Alla fine paga Ventura per tutti. Licenziato in pompa magna da Tavecchio che annuncia il piano di rinascita: nazionale ad Ancelotti, con un ruolo anche per Maldini. Se non ci riesce, ecco Ranieri ct, per tentare un altro miracolo Leicester. Ventura torna da dov’era venuto: «Io sono uno che viene dal mare. E nel mare i “se” se li portano via le onde». In fondo, checché ne pensiate, lui era il meno peggio di tutti. Il suo limite era la poca o nulla esperienza ad alti livelli – e per questo è stato un errore grave chiamarlo -. Il suo massimo risultato l’aveva ottenuto con il Bari, e faceva un po’ tenerezza quando se ne vantava: «Il nostro mantra era volere è potere. Tutta Europa parlava del Bari e di Bari». 

Tavecchio sempre in piedi

Tavecchio manco ci pensa.  E’ chiaro che Ventura se ne sarebbe andato che cosa farà Tavecchio? Lui non sbaglia mai? Quando tirò fuori la famosa frase di Optì Pobà, poi disse che «l’assassino di John Kennedy non ha subito quello che ho subito io in questi giorni». Poveretto. Sono sempre gli altri i cattivi. Lui no, lui può vantare tra i suoi amici persino Platini che intervenne in sua difesa: «Tavecchio ha fatto una cavolata. Quando gli ho parlato al telefono, stava quasi piangendo». Mica per la cavolata, è ovvio. Ma per i cattivi che lo perseguitavano… «Molti ci hanno speculato sopra», aveva aggiunto Platini. «Io Carlo lo conosco da una vita». Che non si capisce bene che cosa volesse dire. Peggio per lui, comunque, se lo conosce da una vita. In giro per il mondo la gente la pensava più come Patrick Vieira: «Ritengo davvero difficile credere che Carlo Tavecchio sia stato eletto presidente della Federcalcio, dopo tutte quelle dichiarazioni che faceva. Se un inglese facesse commenti del genere, a livello politico sarebbe completamente tagliato fuori». La verità è che anche da noi lo sarebbe se ci fossero dirigenti di spessore diverso.

Fonte: Redazione Tiscali

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