“La fabbrica degli spostati”, grandi campioni che si perdevano al termine della loro breve, ma “intensa” carriera agonistica, persi fra fiumi di alcool e stravizi appena finiva il grande circo del mondo pallonaro che li aveva visti idoli ed illusi proiettati sulla strada dell’eternità calcistica.
Dopo la grande abbuffata di popolarità, di illusioni, il nulla.
Le grandi ribalte mediatiche di oggi, sono ancora più pericolose, più intriganti, le speranze che si tramutano in desideri cinici, spinti dalla voglia di arrivare a tutti i costi, il sogno di diventare il nuovo Ronaldo con tutto il suo baraccone di soldi e fama è troppo forte per le nuove leve calcistiche del Duemila e le loro famiglie.
Questa sera verrà premiato ad Alezio in provincia di Lecce nel corso del Premio Giornalistico “Antonio Maglio” il giornalista Giulio Mola, un giornalista cinquantenne barese, capo servizio sportivo de “ Il Giorno” di Milano, dalla scrivania che fu “dell’Arcimatto” Gianni Brera, un’inchiesta raccontata con straordinaria ricchezza di particolari ed efficacia, inchiesta appunto che gli è valsa la vittoria del settimo premio giornalistico “Antonio Maglio”.
Otto puntate per raccontare un fenomeno specchio della società dell’effimero.
“Una denuncia della quale ho avvertito l’urgenza – racconta Giulio Mola – quando grazie all’iscrizione di mio figlio a una scuola calcio, sono entrato all’interno di un mondo singolare e dei suoi dintorni.
Ho scoperto quanto possono essere dannosi i genitori per i propri figli sui quali si costruiscono le proiezioni del possibile ‘fenomeno’ calcistico e sono disponibili a qualsiasi sacrificio incoraggiando le azioni di chi in questa sorta di pianeta pallonaro si fa lucrare di guadagni facili costruendo una pericolosa fabbrica delle illusioni.
Senza cadere nel rischio di generalizzare a realtà che pure svolgono una funzione di crescita delle future generazioni, importante sul piano valoriale, ho raccontato dei personaggi, in genere dei procuratori veri o presunti, che si assicurano le liste dei bambini e alimentano le disponibilità dei genitori a pagare, o magari a trovare uno sponsor per fare giocare una partita al proprio figlio.
Ho visto in alcuni casi foto di ragazzi esposte su qualche sito come fossero carne da macello.
Ho colto il senso di alcuni provini creati ad arte, che magari durano tre giorni.
Procuratori che prendono 1.200-2.000 euro l’anno dal genitore con la promessa di far ‘girare’ il ragazzo che poi resta dov’è.
Esiste una sorta di tariffario, un prezzario della vergogna, che viene chiesto ai genitori se vogliono che il figlio giochi qualche partita in serie D, in Eccellenza, sino ad arrivare a trentamila euro.
Pagano senza ricevere alcun compenso. Ci sono bambini che rischiano di finire nelle mani della criminalità, come mi ha spiegato Alfredo Cantone, come accade in Calabria ed in Campania, dove ragazzi della Primavera vengono magari fatti giocare per taroccare le partite”.
Denuncia di questo fondamento non può non essere ascoltata dalle autorità competenti.