“Alla sua Orzinuovi, dodicimila abitanti, mezz’ora di macchina da Brescia, lui, che vive a Firenze, ci va ancora, spesso, a stare vicino a mamma Alda che ha ottantotto anni e a immergersi nei ricordi dell’infanzia felice «Che mi ha segnato dentro, grazie al cuore pulsante della comunità nella quale tutti si conoscono, ci si regala fraternità e solidarietà, antidoti fondamentali per i giorni che viviamo». Senti Cesare Prandelli, uno che, dopo aver vinto tanto da calciatore con la Juventus, ha collezionato panchine d’oro da allenatore con la Fiorentina proiettandola sullo scenario internazionale, ha portato la Nazionale al secondo posto negli Europei 2012, al terzo posto alla Confederations Cup del 2013, e ha lasciato con sofferenza la panchina azzurra, dopo l’uscita di scena al primo turno dei Mondiali 2014 «Perché quando non ottieni i risultati bisogna assumersi le responsabilità nel rispetto di tutti, anche se da noi magari ci si gioca il futuro in una sola partita» e scopri l’uomo prima che l’allenatore. L’onestà e la coerenza come valori. Semeraro, Candido, Pavone – La prima volta delle dimissioni l’aveva vissuta a Lecce, primo suo campionato in serie A da allenatore, all’alba della carriera, dopo la breve esperienza bergamasca nell’Atalanta. Stagione 1997-98, una stagione breve. Da settembre a febbraio, quando tolse il disturbo dopo la sconfitta con la Juventus, 2-0 per mano di Iuliano e Del Piero. Lo aveva portato nel Salento Peppino Pavone. «Direttore sportivo geniale, grande scopritore di talenti. Andò via in corso d’opera, il grande Peppino, e dopo qualche mese andai via io. Avevo conosciuto una società guidata da un uomo di grande carisma, educazione, rispetto, Giovanni Semeraro, difficile trovare uomini così, avevo in Ezio Candido un grande amico, c’era un gruppo che voleva un gran bene alla squadra. Preziosi Lorieri e Palmieri, due giocatori di grande personalità. Sempre positivo il confronto con i tifosi, anche nelle difficoltà. I risultati non venivano. Ed un giovedì si presentò un bel gruppo di loro a Calimera. Li ascoltammo. Amavano la maglia giallorossa, volevano il massimo dell’impegno. Ci aiutò il dialogo, l’unica via per capirsi, per intendersi». Si racconta che qualcuno gli portasse giocatori diversi da quelli che lui cercava. E la cosa non gli andava bene. Preferì andarsene, con stile, senza sbattere la porta. Corvino, un profeta – Poi fece volare il Verona in A e qualificarsi per l’Intertoto al quale gli scaligeri rinunciarono e lui si dimise ancora. Tristissimo l’allontanamento dalla Roma ancor prima del via del campionato. Prima l’uomo, sempre. «Non bisogna mai avere paura dei sentimenti», dice ancora oggi. Scelse di stare accanto a Manuela, la moglie ammalata, che poi non ce l’avrebbe fatta. Lecce, un leccese doc, sul suo cammino. Pantaleo Corvino lo portò alla Fiorentina dei Della Valle. E furono cinque anni magici. «Pantaleo ha delle capacità intuitive straordinarie con i ragazzi che potenzialmente possono diventare grandi campioni. È una gran bella persona, di una simpatia unica. È un piacere godersi una cena scherzando con lui. È tornato a Firenze e sta facendo grandi cose». Liverani, un predestinato – Nella Fiorentina scoccò la scintilla con Fabio Liverani. «L’ho avuto per due anni – dice Prandelli -. Un calciatore di grandissima autorevolezza. Forte, sempre serio, molto impegnato, determinato. Voleva vincere anche le partitelle. Un grande carisma a centrocampo, vedeva il calcio come pochissimi. Tutto quello che faceva non era mai in funzione individuale, ma per la squadra. Quasi un predestinato per il ruolo di allenatore. Ho un ricordo bellissimo dei nostri rapporti. Fabio è una persona leale, corretta, è sempre sincero e molto diretto. Sono contento che alleni la squadra che porto ancora nel cuore e felice che stia facendo cose importanti a Lecce, e che adesso provi a riportare il Lecce nella sede più naturale, la serie A. Il Lecce la merita ampiamente». Lecce-Palermo – A Lecce domenica arriva il Palermo, dopo l’impresa dei salentini a Verona. Verona, Palermo, Lecce, c’è tanto profumo di serie A emanato dalla storia delle squadre. «Il Salento, la Sicilia, due realtà di un Sud che trabocca di entusiasmo. È bellissimo allenare al Sud proprio per il coinvolgimento emotivo. Grande partita dal punto di vista tecnico, con alti interessi di classifica. Si ritroveranno lungo la via che porta al sogno promozione Lecce e Palermo, con la Cremonese, il Benevento, il Perugia, il Brescia, e naturalmente il Verona. E poi ci sono le soluzioni imprevedibili. Negli ultimi anni Parma, Frosinone, Spal, Benevento hanno compiuto il doppio salto dalla C alla B e poi alla A. Se c’è programmazione, come c’è a Lecce, può accadere ancora». Il calcio come metafora – La B sempre sul filo del dubbio: 19 o 20? Il calcio come una sorta di metafora della nostra società attraversata da incertezze e inquietudini. «Il nostro calcio vive una fase di grande confusione. Mi auguro che il prossimo presidente sappia tirarlo fuori da queste secche. Non possono esistere situazioni come quelle che si vivono e che sono paradossali. E poi ci vogliono progetti chiari per il futuro del nostro calcio, a cominciare dai settori giovanili. Abbiamo i talenti ma rischiamo di spegnerli perdendoci nel mero tatticismo e trascurando la tecnica. Serve una classe dirigente all’altezza, serve il pensiero, nel calcio e nella società. E i valori positivi»”. Questo quanto scrive oggi il “Nuovo Quotidiano di Puglia” nell’intervista a cura di Antonio Imperiale.

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