Nell’art. 40, commi 2-4, della bozza di legge di bilancio per l’anno 2018 attualmente all’esame del Parlamento è prevista l’introduzione nell’ordinamento giuridico nazionale delle “società sportive dilettantistiche lucrative” a fianco delle attuali società sportive dilettantistiche non lucrative. Ciò al fine di favorire il processo di ammodernamento del settore sportivo dilettantistico.

In particolare, i commi da 2 a 4 dell’art. 40 del disegno di legge dispongono che le attività del settore sportivo dilettantistico possono essere esercitate con scopo di lucro in una delle forme societarie di cui al titolo quinto del libro quinto del Codice Civile*.

Si rammenta che attualmente le possibilità di organizzazione sportiva offerte dall’art. 90 della legge n. 289/2002, così come modificata dalla legge n. 128/2004, sono le seguenti:

– associazione sportiva priva di personalità giuridica, disciplinata dall’art. 36 e seguenti Cod. Civ.**;

– associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato, ex D.P.R. n. 361/2000***;

– società sportiva di capitali o cooperativa, costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro.

Conseguentemente, solo chi utilizzava una delle forme giuridiche sopra indicate avrebbe potuto conseguire particolari benefici di settore e, quindi, pur essendo comunque legittimo utilizzare anche una diversa forma organizzativa non contemplata tra quelle predette (ad esempio, società per azioni/responsabilità limitata con scopo di lucro), sarebbe stata esclusa la possibilità di ottenere il riconoscimento, da parte del CONI, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 186/2004, in quanto limitato all’ambito delle strutture non profit.

A fronte della scelta di costituire una società sportiva dilettantistica lucrativa (o di trasformare una società dilettantistica non lucrativa in una società sportiva dilettantistica lucrativa), è prevista l’obbligatorietà di una serie di prescrizioni nello statuto sociale al fine di garantire che venga svolta effettivamente attività sportiva dilettantistica.

Il comma 3 dell’art. 40 del disegno di legge vincola infatti lo statuto delle società sportive dilettantistiche con scopo di lucro ad avere un contenuto prestabilito. Lo statuto della società sportiva dilettantistica lucrativa dovrà contenere:

a) nella denominazione o ragione sociale, la dicitura “società sportiva dilettantistica lucrativa”;

b) nell’oggetto o scopo sociale, lo svolgimento e l’organizzazione di attività sportive dilettantistiche;

c) il divieto per gli amministratori di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche affiliate alla medesima federazione sportiva o disciplina associata ovvero riconosciute da un ente di promozione sportiva nell’ambito della stessa disciplina;

d) l’obbligo di prevedere nelle strutture sportive, in occasione dell’apertura al pubblico dietro pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo, la presenza di un «direttore tecnico» che sia in possesso del diploma ISEF o di laurea quadriennale in Scienze motorie o di laurea magistrale in Organizzazione e Gestione dei Servizi per lo Sport e le Attività Motorie (LM47) o in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate (LM67) o in Scienze e Tecniche dello Sport (LM68), purché in possesso della laurea triennale in Scienze motorie.

Attualmente, la forma più utilizzata dagli enti che svolgono attività sportiva dilettantistica è quella dell’associazione, ossia una formazione sociale per il perseguimento di fini superindividuali non lucrativi per la gestione di interessi comuni. La forma di associazione, utilizzata nel panorama dilettantistico, comporta benefici fiscali in forza dell’art. 74 c.6 del D.P.R. n. 633/1972 che prevede per la determinazione dell’IVA una detrazione forfetizzata in via ordinaria pari al 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili relative alle pubblicità, nonché la detrazione del 10% per le sponsorizzazioni e la detrazione di 1/3 dell’imposta per le cessioni e concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica.

Per ottenere il riconoscimento dello status di associazione o società sportiva e per potere usufruire delle agevolazioni fiscali, è necessaria l’iscrizione nell’apposito Registri nazionale tenuto dal CONI****. La procedura di iscrizione si avvia in forma telematica tramite la compilazione di appositi moduli. Qualora il CONI convalidi tale iscrizione, la stessa avrà durata annuale con rinnovo automatico a seguito della riaffiliazione ad una Federazione, disciplina sportiva associata o ente di promozione sportiva.

La scelta della costituzione di una società sportiva dilettantistica (ASD) sono essenzialmente di due tipi: maggiore semplicità ed economicità nelle fasi di costituzione e gestione ed i significativi vantaggi fiscali. Con riferimento a quest’ultimo punto, è da sottolineare come, fino all’emanazione della legge 289/2002, la possibilità di usufruire del regime fiscale agevolato previsto dalla legge 398/1991 fosse riservato alle sole associazioni. In seguito all’emanazione della legge sopra citata, invece, l’agevolazione è stata estesa anche alle cooperative e alle società di capitali costituite per svolgere attività sportive dilettantistiche senza scopo di lucro. La figura associativa costituisce però ancora oggi il riferimento assolutamente prevalente nel panorama dilettantistico.

L’attuale normativa di riferimento è costituita, oltre che dalla legge 289 del 2002, dagli articoli 36 e seguenti del Codice Civile. Le Associazioni sono ispirate al principio di democrazia interna a differenza delle società di capitali nelle quali il “peso” dei soci è proporzionale alle quote o alle azioni sottoscritte. Quasi tutte le ASD assumono la forma di associazione sportiva priva di personalità giuridica. Sia le ASD che le società sportive dilettantistiche (SSD) devono essere costituite con atto scritto; lo statuto deve prevedere, tra le tante, il nome dell’associazione, la sede, le finalità dell’associazione, i soci, gli organi, ecc. L’art. 90 comma 18 bis della L. 289/2003, prevede che: “è fatto divieto agli amministratori delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciuto dal Coni, ovvero nell’ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva”. L’art. 148 del Testo Unico Imposte sui Redditi (TUIR) dispone ulteriormente:

– il divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

– l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

– l’intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa*****.

Il comma 4 stabilisce che per tali soggetti riconosciuti dal CONI, l’imposta sul reddito delle società (IRES) è ridotta alla metà******. L’agevolazione si applica nel rispetto delle condizioni e dei limiti del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 relativo agli aiuti “de minimis” . Nel merito la relazione illustrativa evidenzia che “se a fronte della possibilità di far lucro si introduce per la prima volta un prelievo fiscale anche sull’attività istituzionale delle società sportive dilettantistiche, i menzionati benefici che lo sport produce sul piano sociale e della salute giustificano il riconoscimento dell’anzidetto parziale regime di favore”. Non sono previste invece agevolazioni per quanto riguarda l’imposta IRAP.

Dal punto di vista tributario, pertanto, tutti i ricavi derivanti dall’attività istituzionale delle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal Coni, al netto dei costi di diretta imputazione, concorrono a determinare la base imponibile (di cui all’articolo 75 del TUIR, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) per il 50% del loro ammontare, comunque entro il limite consentito dal regime degli aiuti di Stato de minimis di cui al Regolamento dell’Unione Europea 18 dicembre 2013, n. 1407*******.

Ai fini dell’imposta sul reddito derivante dall’attività commerciale, le società sportive dilettantistiche lucrative possono esercitare l’opzione di cui all’articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, entro il limite indicato dall’articolo 90, comma secondo, della legge 289/2002. I ricavi derivanti dall’attività istituzionale delle società sportive dilettantistiche lucrative riconosciute dal Coni sono soggetti all’Iva. L’imposta si applica con le modalità di cui all’articolo 74, sesto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Il successivo comma 5, disciplina i rapporti di collaborazione con società sportive dilettantistiche aventi scopo di lucro e prevede che i contratti di collaborazione lavorativa, resa, a fini istituzionali, con società sportive dilettantistiche, sono ammessi anche per le società suddette che, secondo la categoria introdotta dai precedenti commi da 2 a 4, abbiano scopo di lucro. Si ricorda che le fattispecie di collaborazioni con tali società rientrano tra quelle per le quali la disciplina generale (di cui all’art. 2 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni) consente – anche qualora le collaborazioni consistano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e con modalità di esecuzione organizzate dal committente – la stipulazione di contratti di lavoro diversi dalla tipologia del lavoro subordinato.

Alla luce della possibile modificazione del contesto normativo della realtà delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche, gli Enti di Promozione Sportiva hanno evidenziato che l’inserimento nel panorama dei soggetti sportivi, attraverso “il pacchetto sport” nella Legge di Stabilità, della nuova figura di “società sportiva dilettantistica lucrativa” sarebbe da respingere poiché da un lato minerebbe alla base il volontariato sportivo che è quello che ha permesso fino ad oggi una crescita capillare nel Paese fino a diventare il 47% dell’intera realtà della promozione sociale italiana, dall’altro produrrebbe un ulteriore effetto spiazzamento rispetto alla recente normativa sul Terzo Settore********.

* Le forme societarie contemplate dal titolo quinto del libro quinto del Codice Civile sono: la società semplice che non può avere per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale, la società in nome collettivo, la società in accomandita semplice, la società per azioni, la società in accomandita per azioni, la società a responsabilità limitata.

** È la forma più elementare di associazionismo. L’iter di costituzione è molto semplice e non è prevista alcuna forma di controllo da parte dell’autorità amministrativa, può essere sufficiente un accordo verbale tra i soggetti che intendono svolgere l’attività, ma se l’associazione intende assumere la veste di ASD la forma scritta è obbligatoria1. Il patrimonio dell’associazione non riconosciuta è denominato fondo comune ed è costituito dai contributi degli associati, dai beni acquistati mediante tali contributi e da tutti gli altri beni pervenuti all’associazione. Il fondo comune non può essere di-viso sino a quando l’ente è in vita. Nell’associazione non riconosciuta i soggetti che hanno agito in nome e per conto della medesima sono responsabili personalmente e solidalmente con l’ente degli obblighi o di eventuali debiti contratti con i terzi, indipendentemente dal fatto che siano titolari di cariche sociali.

*** In questo caso l’ente è dotato di personalità giuridica ossia il suo patrimonio è perfettamente distinto rispetto a quello dei singoli associati. Per ottenere il riconoscimento è necessario che l’associazione venga costituita mediante atto pub-blico ed esso andrà richiesto presso gli uffici della Regione oppure presso la Prefettura – Ufficio Territoriale di Governo. Una volta ottenuto il riconoscimento ed effettuata l’iscrizione nell’apposito registro, l’associazione acquisisce l’autonomia patrimoniale perfetta, con la conseguenza che dei debiti sociali risponderà soltanto l’associazione con il proprio patrimonio.

****A seguito di tale iscrizione, le agevolazioni previste sono molte tra cui la semplificazione degli adempimenti contabili, la determinazione del reddito e gli obblighi ai fini IVA. Sul tema assicurativo invece, il decreto 3 novembre 2012 n. 296 ha imposto la disciplina obbligatoria per il tesseramento degli sportivi dilettanti tesserati, per i quali le Federazioni spor-tive nazionale, le discipline sportive associate e gli Enti di promozione sportiva devono stipulare l’assicurazione obbliga-toria contro gli infortuni e versare i relativi premi.

***** Le associazioni sportive dilettantistiche che intendano fruire dei vantaggi fiscali devono presentare il modello EAS, vale a dire quel modello che consente di trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati e le notizie fiscalmente rilevanti. Le associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI che non svolgo-no attività commerciale sono esonerate dall’onere della trasmissione del modello EAS. Sono, invece, tenute all’invio del modello EAS le associazioni sportive dilettantistiche che, oltre all’attività sportiva dilettantistica riconosciuta dal CONI, effettuano cessioni di beni (ad es. somministrazione di alimenti e bevande, vendita di materiali sportivi e gadget pubbli-citari) e prestazioni di servizi (es. prestazioni pubblicitarie, sponsorizzazioni) rilevanti ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi.

******L’imposta sul reddito delle società (IRES) è una imposta proporzionale e personale con aliquota attualmente pari al 24% che colpisce il reddito delle società, quali le SRL, SRLS, SPA, SAPA. Sulla base dell’attuale aliquota, le società sportive dilettantistiche lucrative sarebbero assoggettate ad un’imposta IRES in ragione del 12%.

******* Il Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione concerne l’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis». Ai sensi dell’articolo 107 comma 1 del trattato sul funzio-namento dell’Unione europea, salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

******** Contenuta nel Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 che ha completato l’attuazione della legge 106/2016 “Delega al Governo per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”. La riforma del terzo settore, introdotta nel nostro ordinamento con la L. 106/2016, si è concretizzata con l’approvazione di quattro decreti legislativi:

1. D.Lgs. 40/2017 “Istituzione e disciplina del servizio civile universale a norma dell’articolo 8 della legge 6 giu-gno 2016 n. 106”;

2. D.Lgs. 111/2017 “Disciplina dell’istituto del cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a norma dell’articolo 9 comma 1 lettera c) e d) della legge 6 giugno 2016 n. 106”;

3. D.Lgs. 112/2017 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale a norma dell’articolo 2 comma 2 lette-ra c) della legge 6 giugno 2016 n. 106”;

4. D.Lgs. 117/2017 “Codice del terzo settore a norma dell’articolo 1 comma 2 lettera b) della legge 6 giugno 2016, n. 106”.

Il primo istituisce il servizio civile universale a cui possono accedere i giovani tra i 18 e i 28 anni per un periodo compre-so tra gli otto e i dodici mesi. Tra i settori di intervento oggetto delle attività del nuovo istituto, l’articolo 3, lett. e), preve-de: “educazione e promozione culturale dello sport”. Pertanto, le sportive rientrano a pieno titolo tra quelle ricomprese nelle attività del servizio civile universale.

L’articolo 3 del decreto sul cinque per mille prevede, al suo comma 1, lett. e), sulla falsariga di quanto applicato fino ad oggi, che tra i soggetti potenzialmente destinatari di questa contribuzione ci siano anche le: “associazioni sportive dilet-tantistiche riconosciute ai fini sportivi dal Comitato olimpico nazionale italiano a norma di legge che svolgono una rilevante attività di interesse sociale”. Confermato, quindi, che le società di capitale e le cooperative sportive dilettan-tistiche, invece, non potranno godere di questi contributi.

Già la lettura di questo decreto, però, nel momento in cui elenca le associazioni sportive dilettantistiche tra i soggetti de-stinatari del cinque per mille, distinguendoli dai nuovi “enti del terzo settore” previsti alla lettera “a” del citato articolo 3, ci consente di capire meglio i contenuti, nei rimanenti due decreti legati allo svolgimento di attività sportive.

Si chiarisce in premessa che le imprese sociali, ai sensi di quanto previsto dal primo comma dell’articolo 3 del codice del terzo settore (CTS), sono a tutti gli effetti “enti del terzo settore” pur se disciplinati da un autonomo decreto.

Il CTS disciplina gli enti “associativi”, mentre quello sulle imprese sociali gli enti senza scopo di lucro che siano costituiti anche “nelle forme previste dal libro quinto del codice civile”. Pertanto, concettualmente, le associazioni sportive di-lettantistiche “potrebbero” esseqre enti del terzo settore mentre le società sportive di capitali o le cooperative necessa-riamente potrebbero essere solo imprese sociali.

Gli enti del terzo settore tipizzati sono i seguenti:

a) le organizzazioni di volontariato;

b) le associazioni di promozione sociale;

c) le imprese sociali;

d) le società di mutuo soccorso.

Vengono poi aggiunti, non previsti nella legge delega, o solo richiamati incidentalmente:

e) gli enti filantropici;

f) le reti associative.

Infine sono previsti, come norma di chiusura: “Le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità ci-viche, solidaristiche e di utilità sociale”.

Detti enti devono necessariamente svolgere una attività di “interesse generale” espressamente elencata. Tra le 26 con-tenute nell’articolo 5 del CTS ritroviamo: “t) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche”.

Da quanto sopra riportato si ricava una prima conclusione. Il CTS non tipizza le associazioni sportive, contrariamente a quanto previsto, invece, ad esempio per le associazioni di promozione sociale, le colloca, astrattamente, nell’ultima categoria di enti del terzo settore “generalista” sopra riportata, prevedendo espressamente, però, la possibilità di svolge-re la loro attività istituzionale.

Questo porta ad una prima importante conclusione: una associazione sportiva può ma non deve diventare un ente del terzo settore. Con riferimento alle società sportive dilettantistiche, l’articolo 1 del D.Lgs. 112/2017 sull’impresa sociale prevede che: “Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutte le organizzazioni private, incluse quelle costi-tuite nelle forme di cui al libro V del codice civile che, in conformità alle disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro”.

Anche qui il legislatore enuncia all’articolo 2 una serie di attività di interesse generale tra le quali colloca: “r) Organizza-zione e gestione di attività sportive dilettantistiche”. Stante l’utilizzo del termine “possono” da parte della norma isti-tutiva ne deriva che le società di capitali e le cooperative sportive dilettantistiche possono ma non devono diventare imprese sociali.

Fonte di approvvigionamento normativo: sportbusinessmanagement.it.

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