E’ di attualità impellente la prospettiva di ampliamento della pista NTC (Nardò Technical Center) situata in feudo di Nardò ma a ridosso della Marina di Porto Cesareo. La pista di proprietà della Porsche, che vede il progetto citato per il valore complessivo di 450 milioni di euro da investire in 10 anni di sviluppo. Il progetto e’ monitorato dalla Commissione Europea. Le problematiche sollevate dalle organizzazioni di tutela ambientale riguardano le criticità sulle compensazioni in particolar modo sulle opere di pubblica utilità come l’elisoccorso,il servizio antincendio  oppure piste ciclabili sulla costiera neretina. La deforestazione di circa 200/300 ettari di area boscata con molte varietà di piante uniche va ad intaccare la biodiversità del luogo, questo sarebbe uno schiaffo al Salento che è già stato colpito dal flagello della xilella per gli alberi di ulivo. C’è poi da sottolineare il fatto che il rimpianto prevede cultivar di piantine molto piccole al costo di euro 2.50 cadauna, di conseguenza ci vorranno decenni per ritornare allo stato attuale. Tra le associazioni intervenute a sostegno della causa ambientale vi sono Fare Verde, Italia Nostra, Custodi del Bosco d’Arneo e Verdi Ambiente e Società. Da specificare che la zona adiacente alla pista è sottoposta a vincoli posti dall’Unione Europea con l’istituzione di zona protetta, direttiva habitat e rete natura. Le associazioni citate lamentano la mancata attivazione del procedimento di partecipazione a questi tipi di iter in relazione alla L.R. n°28 del 2017. Il via libera della Commissione Europea agli espropri dei terreni è stato dato il 14 gennaio scorso, ma le organizzazioni promettono resilienza ad oltranza. Presso il Circuito NTC collaudano i propri prototipi le maggiori case automobilistiche anche sportive; il via vai di addetti ai lavori durante l’anno produce un indotto di 10 milioni di euro tra Porto Cesareo e Nardò per quanto riguarda gli operatori alberghieri.

il dilemma sorge spontaneo. Si può coniugare lo sviluppo con la tutela ambientale?

Con estrema attenzione dando priorità identitarie volte a salvaguardare l’habitat naturale di un luogo, molto probabilmente sì.

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