Prima ha squillato il telefono della società. Poi, il suo. La chiamata dal Quirinale è arrivata l’altro ieri mattina. Inaspettata, è ovvio. Igor Trocchia, l’allenatore degli esordienti del Pontisola, è stato premiato dal capo dello Stato Sergio Mattarella come uno dei 35 eroi del 2018. È ancora «emozionato — dice —. È un riconoscimento che ripaga di tutti i sacrifici che noi allenatori facciamo non tanto a livello sportivo, ma educativo, perché creiamo uomini prima che sportivi». Il suo merito è di avere combattuto il razzismo con un gesto «spontaneo e logico», lo definisce.
A maggio, durante un torneo a dieci nel Milanese, uno dei suoi giocatori — ragazzini di 12, 13 anni —, è stato insultato da un avversario: «Negro di m…», la frase pronunciata in campo. La scelta di Trocchia è stata di ritirare la squadra, con la notizia rimbalzata sui principali quotidiani e una pioggia di like anche istituzionali. L’ultimo, la benemerenza della Provincia. Napoletano, di professione ambulante nei mercati, attaccante fino ai 42 anni, Trocchia allena dal 2013: «Mercoledì sera ero a San Siro e mi sono vergognato per quegli spettatori che non hanno disapprovato i buu a Koulibaly. Io ho vissuto sulla mia pelle questa discriminazione. Sono arrivato a 12 anni a Bergamo e venivo continuamente etichettato come “il terrone”, il diverso: non è stato semplice e un po’ la sento ancora questa rabbia. Ai miei ragazzi propongo un percorso parallelo di autovalutazione. Analizzano la loro prova per capire gli errori. Questo li rende liberi di sbagliare e li aiuta a guardarsi dentro. È un modo per prevenire la cultura dell’alibi, tipica nel calcio».
Il Pontisola, società storica, culla di Davide Astori. I presidenti Livio Galbussera e Marziali Bonasio si dicono «onorati» della decisione del Quirinale. Però sono misurati. Non vogliono strumentalizzazioni proprio legate al caso Koulibaly: «I ragazzini coinvolti e i loro genitori si sono stretti la mano in Federazione, a Milano. Per noi la vicenda è chiusa da allora — spiegano —. È giusto condannare il razzismo, ma non che si esageri all’opposto».
Fonte : Corriere della Sera