Sabato sera presso il centro sportivo “Happiness” di Nardò, alla presenza di Alessandro Leopizzi, portiere attualmente in forza all’Atletico Tricase ed ex di Udinese, Spal,Southampton, Nardò, Taranto, Gallipoli,Casarano, di Isabel Tramacere, giornalista di Telerama e Luciano Pagano  editore diMusicaos si è tenuta la presentazione di“Senza Riserve”, romanzo d’esordio del giornalista neretino Raffaele Pappadà.

Pappadà, nonostante la sua giovane età (ha 31 anni) è un giornalista professionista che presta la sua voce come telecronista diMediaset Premium dopo essere a stato aTelerama dal 2006 al 2012, dove nel 2010 divenne direttore della redazione sportiva. In questa prima esperienza da scrittore ha voluto raccontare la storia di Thomas, ungiovane portiere che, dopo anni di gavetta riesce a esordire nel Lecce in Serie A. La storia di Thomas potrebbe ricordarci quella di tanti ragazzi all’inizio di un “sogno”, così come potrebbe essere d’ispirazione autobiografica, dal momento che Raffaele, prima di essere un commentatore della Champion’s League, è stato un inviato speciale sui campi dilettantistici.

Ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata sul calcio “minore” e per fare il punto della situazione sui vari campionati dilettantistici pugliesi in corso, con un occhio di riguardo sul Nardò di cui Raffaele è tifoso.

Raffaele, innanzitutto complimenti per questo tuo primo romanzo dove il protagonista Thomas potrebbe essere lo spunto metaforico per la vita di chiunque, non solo in ambito calcistico o sportivo.

Intanto grazie per i complimenti, il romanzo può essere letto da tutti e non solo da chi è un appassionato di questo sport, anche perché io vedo il calcio come una metafora di vita con cadute, alti e bassi e tutto quello che può comportare e insegnare. C’è molta imprevedibilità negli avvenimenti e mi auguro che Thomas possa far riflettere appunto su questo percorso di crescita e sulla gavetta che fa, anche perché lui è un portiere che, dopo aver vissuto nei campionati dilettantistici e semi professionistici, si ritrova ad aver a che fare con la Serie A.

Anche tu, come Thomas, hai iniziato facendo esperienza nei campionati dilettantistici, che pertanto conosci molto bene. Quali erano le ambizioni e le sensazioni che ti attraversavano durante quel periodo di “gavetta”?

Innanzitutto a livello dilettantistico e locale si parla di un calcio più “pulito” e genuino rispetto alle dinamiche che comporta il professionismo. Mi piace ricordare l’affetto della gente verso le squadre della propria cittàe io stesso ho avuto la fortuna di trovare piazze molto “calde” che seguivano con trasporto e passione le rispettive realtà.

Come vedi oggi il calcio dilettantistico pugliese rispetto a quello che hai conosciuto e praticato tu circa 10-15 anni fa? Noti delle differenze di rilievo?

Devo dire che purtroppo negli ultimi anni c’è stata una parabola discendente, non solo di qualità ma anche di organizzazione, perché spesso queste squadre spesso dipendono da imprenditori o politici locali che legano la squadra al loro progetto personale. Dieci anni fa quando ho iniziato io  qui nelSalento vi erano delle realtà molto forti, conGallipoliCasarano e Nardò tutte vincitrici dei rispettivi campionati, mentre oggi vedo che si fa un po’ di fatica in più.

Avresti delle idee o proposte da fare per lo sviluppo del calcio dilettantistico, che poi, come si può facilmente intuire, potrebbe costituire le fondamenta per il calcio “che conta” e di conseguenza anche per la Nazionale Italiana, anche in virtù del fallimento per la mancata qualificazione al mondiale di Russia 2018?

Non è che ci voglia un genio per capirlo, ma credo che bisognerebbe puntare maggiormente a livello locale sui settori giovanili.

Però, non so se ne sei a conoscenza, ma ci sono realtà locali, come per esempio Dream Soccer Parabita, con tecnici esperti come Pasquale Bruno e Ernesto Chevanton, oppure la Polisportiva Virtus Matino, che con mister Antonio Toma punta a costituire l’accademia del calcio a livello giovanile, che si impegnano molto per i giovani e il loro futuro dando di riflesso un grosso contributo al calcio nazionale oltre che lustro al territorio.

Bisognerebbe seguire questi esempi perché negli ultimi anni c’è stato un periodo di vuoto a livello giovanile e da poco alcune società hanno ripreso a investire in questo settore. È chiaro che il settore giovanile potrebbe essere paragonato all’agricoltura, cioè quello che si semina si raccoglie, ma se mancano 2-3 anni di semina di conseguenza ne mancheranno altrettanti di raccolto e questo si riflette nel calcio giocato.

Quindi come hai vissuto l’eliminazione dell’Italia ad opera della Svezia?

Io la vedevo come un ostacolo concreto e sentivo molto vivo il rischio di ciò che poi è successo. Ci sono tante dinamiche da considerare, si è puntato il dito contro gli stranieri, ma anche in Spagna ce ne sono tanti. La verità è che le grandi squadre puntano su giocatori già strutturati, non tenendo conto del settore giovanile. Basti pensare che Juventus, Inter e Milan hanno portato pochissimi giocatori in prima squadra. Un altro aspetto che va sottolineato è quello dei “prestiti” dei giocatori che andrebbe regolamentato.

Raffaele, come vedi il Nardò e le altre salentine impegnate nei rispettivi tornei dilettantistici?

Mi auguro che possa tornare l’entusiasmo in piazze importanti come Nardò e che ci sia un progetto condiviso da più imprenditori e che sia a lungo termine anche per misurarne l’ambizione.

Forse ci vorrebbe una partecipazione più attiva delle piazze in questione, non solo in termini di pubblico allo stadio, ma qualcosa in termini di azionariato popolare?

Potrebbe essere, perché no.

Alla presentazione c’era un grande portiere salentino delle categorie “minori” , ossia Alessandro Leopizzi, che ci ha motivato pubblicamente perché non è rimasto nel calcio “che conta”. Secondo te il Salento è una terra che potrebbe fornire talenti al professionismo e di conseguenza alla Nazionale?

Come ti ho detto prima, bisogna tornare a investire nei settori giovanili, basti pensare al settore giovanile del Lecce di qualche anno fa per rendersi conto di che livello stiamo parlando.

Però se andiamo un pochino più indietro troviamo gente come Causio, Conte, Moriero, Pasquale Bruno, Miccoli che sono diventati dei top player nelle rispettive squadre vincendo addirittura la Coppa del Mondo (Franco Causio 1982).

Adesso facciamo un po’ di fatica perché mancano i settori giovanili di cui parlavamo prima e tu hai citato quegli esempi che dovrebbero fare da traino, e sia perché squadre come il Lecce sono rimasteimpantanate in Lega Pro e quindi manca una vetrina che metta in mostra i grandi talenti.

A questo punto ti stuzzico: qual è la tua “TOP 11” personale con i giocatori relativi alle squadre dilettantistiche che seguivi ai tempi del tuo esordio?

Ci provo… (ride, nda): 1 Leopizzi, 2 Fazio, 3 Calabro, 4 Vetrugno, 5 Contessa, 6 D’Anna, 7 Irace, 8 Ruggiero, 9 Angelo De Benedictis, 10 Natale De Beneictis, 11 Montaldi. In panchina 12 Mirarco, De Giorgi, De Toma, Branà, Tartaglia, Di Rito, Villa. Però ci tengo a sottolineare che escluse le categorie dilettantistiche il tridente Ginestra-Di Gennaro-Mounard mi ha regalato attimi calcio sublime (Gallipoli in C1).

Vuoi lanciare un messaggio ai giovani che sono più propensi a sognare?

Spero che Thomas possa essere d’esempio e d’ispirazione e per i ragazzi con questa voglia di non mollare e di farcela a tutti i costi.

In attesa che le cose comincino a prendere la piega auspicata e che tanti giovani di oggi possano in futuro essere protagonisti, ci auguriamo che possano coltivare un sogno così come ha fatto Thomas, con forza, determinazione e amore, cercando di arrivare sempre più in alto ma senza dimenticare mai le proprie radici, così come ha dimostrato il nostro Raffaele Pappadà che, nonostante il successo odierno, rimane fiero del suo passato sui campi dilettantistici e orgoglioso delle sue origini neretine, nonché tifoso di una piazza che da troppi anni aspetta il giusto riscatto calcistico.

Fonte: Dp24.it

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