Nei giorni susseguitesi alla mancata qualificazione del Mondiale di Russia 2018, come era naturale che fosse,  sono incominciate a rimbalzarsi responsabilità e critiche non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche nella governance dello sport e del calcio italiano.

Al netto delle responsabilità tecniche che ha avuto il Commissario Tecnico Gian Piero Ventura, un bravo allenatore (a Lecce lo ricordiamo nella doppia risalita dall’ inferno della serie C al paradiso della serie A a metà degli anni ’90, alla guida dei giallorossi dove esprimeva un calcio pragmatico e spumeggiante). 

Scaricare tutte le responsabilità su di lui non risolverà i dannosi problemi, non solo tecnici, ma anche strutturali del calcio italiano. L’operazione di sostituire il C.T. Ventura era inevitabile, ma pensare di risolvere la questione chiamando un allenatore cosiddetto big alla guida della Nazionale risulta una strategia obsoleta e non funzionale all’ obiettivo finale, ovvero rilanciare il sistema Italia. 

Il Presidente Federale Carlo Tavecchio è un uomo navigato delle Istituzioni, prima di tutto è stato un politico, sindaco democristiano di un paesino del comasco, direttore di banca, nonché Presidente della Lega Nazionale Dilettanti per decenni, conosce i meccanismi decisionali.

Da buon democristiano, mette in pratica il consiglio che dava il Presidente Giulio Andreotti ai suoi: ” State attenti a non esporvi alle correnti!”, ovvero anche nelle situazioni di emergenza gli ipotetici nemici possono divenire amici sposando una causa comune, è l’ esempio pratico che il Presidente della Lega Pro Gabriele Gravina, suo oppositore dall’inizio in Consiglio Federale, per ragioni di continuità sostiene in termini di voto l’ attuale Presidente Federale. 

E’ chiaro ed evidente che serve discontinuità col passato, non serve cambiare il Commissario Tecnico per dare una sverniciata ad un edificio pericolante, serve una ristrutturazione completa dalle fondamenta. Innanzitutto servono idee concrete, mettere sul piatto progetti a medio e lungo termine:

1 Ristrutturazione ed ammodernamento degli impianti sportivi.

2 Rappresentanze nelle governance di esponenti qualificati quali ex calciatori di primo piano.

3 Introduzione del Fair play finanziario con aumento di investimenti per i settori giovanili, con costi deducibili nelle dichiarazioni fiscali delle società.

4 Introduzione giuridica dell’azionariato popolare con rappresentanze sociali dei tifosi negli organigrammi delle società.

5 Incentivi all’utilizzo di calciatori italiani a partire dai settori giovanili, con monitoraggio di talent scout federali.

6 Riabilitazione della figura del Direttore sportivo.

7 Introduzione ed applicazione definitiva dello Ius Soli sportivo.

8 Pubblicazione di dati da parte delle società di tesseramento di calciatori minorenni extra comunitari.

9 Alternanza e ricambio generazionale sistematica all’interno di organi decisionali: Federazioni, Leghe, Istituzioni.

10 Introduzione delle squadre riserve nel campionato cadetto o Lega pro, diminuzione delle squadre della massima serie da 20 a 18, riforma dei campionati dilettanti, soprattutto per la serie D, con l’ introduzione dello status di semiprofessionismo per le società e l’ adeguamento degli statuti a società di capitali o cooperativistiche.

Serve una visione, non una facciata di turno.

Ognuno di competenza faccia la propria parte assumendosi le proprie responsabilità. In ballo non c’è soltanto il gioco del calcio, ma anche ambizioni, speranze e progetti di realizzazione umana e professionale di un’intera generazione di giovani calciatori e calciatrici e di numerosi addetti ai lavori ed appassionati.

Michele Giannotta

 

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