Avvenne tutto per caso proprio quel giorno,la data è il 6 giugno 1979, quello di un giornale interamente made in Salento in una realtà dominata, dal punto di vista editoriale da La Gazzetta del Mezzogiorno. Era appunto il 1979, e Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto nacque diverso, intanto nel formato, più vicino al tabloid classico (l’anomalo era quello di Repubblica), ma anche nell’impostazione: aggressiva, con l’autodefinizione di testata popolare. Almeno quella era la linea voluta dal primo direttore, Beppe Lopez. Ma non ebbe molta fortuna tanto che nel 1980 i conti già non quadravano, con poco più di 4000 lettori.

Ma il ceppo era buono, ottimo: in Quotidiano era confluita l’esperienza culturale e giornalistica della Tribuna del Salento, autorevole settimanale guidato da Antonio Maglio ed Ennio Bonea, con i suoi redattori, ai quali si era aggiunta una sorta di legione straniera di giornalisti romani e non, come Franco Prattico, Massimo Melillo, Novella Topi, Enzo Lucchi, e l’artista leccese Francesco Spada, nel ruolo di grafico, Adolfo Maffei, brindisino proveniente dall’Ansa, e altri ancora, come il calabrese Pietro Melia. Nel novembre del 1981 a dirigere Quotidiano di Lecce arrivò un brindisino, Vittorio Bruno Stamerra, che era stato tra i primi a passare alla nuova testata, dopo una lunga esperienza alla Gazzetta del Mezzogiorno, per andarsene poi al Tg Puglia della Rai, e infine tornare a Palazzo Casto, la sede del giornale in viale degli Studenti, redazione al quarto piano, tipografia nel seminterrato.

La società editrice era l’Edisalento, l’Astra era la srl proprietaria della tipografia e di altri servizi. La svolta fu segnata dal nuovo assetto societario, con Renato Minafra come legale rappresentante, lo stesso Stamerra come consigliere delegato, e con l’altro consigliere, anch’egli di Brindisi, Franco Cucci. Stamerra portò il giornale su una rotta dove c’era più vento: giornale certamente di pochi compromessi, capace di realizzare inchieste, senza pressioni sulla redazione, ma anche giornale di servizio con una prima parte di notizie regionali e nazionali, una doppia pagina di economia e borsa, un paginone centrale di cultura (con un ricco carnet di collaboratori da tutta Italia e del mondo dell’università), e tre blocchi di cronache locali, quelle di Lecce, Brindisi e Taranto, impegnate in prima linea. Chiudeva lo sport, realizzato da giornalisti che oggi lavorano come capi redattori nelle due principali testate nazionali del settore.

Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto decollò. La sua identità era l’espressione del territorio in cui operava: era diventato il giornale dei brindisini e dei leccesi. A Taranto dovette misurarsi invece con il Corriere del Giorno e non ebbe uguale fortuna diffusionale. Nei suoi archivi si andava formando la storia giornaliera di fenomeni gravi come la criminalità organizzata, ma anche quella delle trasformazioni del costume, delle città, dell’economia. Quotidiano aveva quasi sempre una versione non banale, approfondita, raccontata dai protagonisti, dalle aule dei tribunali, dai Comuni, dal luogo dei fatti. Ed era anche un giornale nel mirino, come dimostra l’attentato subito da Vittorio Bruno Stamerra.

Primo nel raccontare l’epopea e l’esodo del popolo albanese, quella dei primi boat people, Marlboro City, ma anche la cultura delle popolazioni salentine, con una invidiabile collana di testi coordinata da Antonio Maglio, fatta di ricerche, immagini, ristampe anastatiche, convegni. Una parabola ascendente sino al 1996, quando Vittorio Bruno Stamerra cedette il pacchetto delle quote che deteneva all’ex ministro Claudio Signorile. Due anni dopo era la crisi: il giornale fu ceduto, con la formula della cessione del ramo d’azienda, al gruppo Caltagirone, con una lunga appendice di contenziosi giudiziari che vide la nuova azienda perdente, ma anche la progressiva espulsione di buona parte del nucleo storico della redazione.

Edisalento fu trasferita a Roma dove fallì, la tipografia, l’archivio e altri settori tecnici furono trasformati in service esterni. La vecchia sede di palazzo Casto fu abbandonata. Quello fu uno spartiacque non metaforico, ma sostanziale. Si chiuse un’esperienza giornalistica ed editoriale, ne nacque un’altra. Tutto è possibile, celebrare anche i 40 anni di una testata mettendo insieme le sue due anime, quella dalla fondazione alla svolta del 1998, e quella degli anni seguenti. L’importante è sapere che si tratta di storie diverse.
Ad oggi il giornale diretto magistralmente da Claudio Scamardella annovera trecentotremila lettori nel giorno medio.

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