LECCE – Il giocattolo si è rimesso in moto e per un semplice allenamento sono andati in quattromila allo stadio per applaudirlo. Pedro Pablo Pasculli, la sfinge argentina approdata a Lecce, ha finalmente segnato. Quattro gol. Un buon auspicio per la partita di domani col Verona, un buon auspicio anche per il girone di ritorno e le speranze di salvezza che gravano pesanti su questa squadra come lo scirocco carico di pioggia che viaggia a bassa quota sul tacco della penisola. Questa città molto aristocratica e molto snob, tutto sommato non è per niente allarmata dalle disgrazie di una squadra che pochi mesi fa aveva sollevato entusiasmi in gran parte giustificati se si pensa che l’ approdo in serie A avveniva 80 anni dopo la fondazione della società. E così adesso basta un allenamento ben riuscito a trasformare il povero Pasculli in Pascao e prendere le cose in allegria. Perchè gli spensierati, gentili ed estroversi leccesi non sono affatto preoccupati della situazione di classifica. Ultimo posto, sei punti soltanto, media inglese -16, gol incassati 30, partite perdute dieci su quindici. La prevendita per l’ incontro di domani col Verona campione d’ Italia è fiacca, ma lo stadio sarà ugualmente pieno. Gli incassi sono da record e nell’ ordine di classifica quelli del Lecce vengono subito dopo le “grandi”. Di che essere felici? Chissà. “Da spettatore distaccato – spiega lo psicologo Gianni Giannotti – io non sono affatto preoccupato. Mi affannerei molto di più a scandagliare il fenomeno se, poniamo, si trattasse di una Juventus che rischia di andare in B. Ma ci pensa cosa potrebbe voler dire? Qui a Lecce c’ è stata una grande eccitazione iniziale, direi anche comprensibile, alla quale ha fatto seguito una fase depressiva. Ora bisognerà vedere se la depressione resterà stabile o se avverrà una selezione degli stimoli. Io propendo per quest’ ultima ipotesi che poi significa una cosa: crescita di una maturità collettiva che vuol dire maggiore educazione. Io penso che sarà così anche se adesso, nel momento del lutto, è chiaro che cala il silenzio”. Ma il calcio non è solo psicologia, non è solo socialità. E’ anche cronaca, economia, politica, costume. E sotto questi aspetti attorno alla squadra si è creato un bailamme indescrivibile che coinvolge ormai larga parte della popolazione sia della città che della provincia. Perchè il Lecce non rappresenta solo i centomila della “città barocca” ma i due milioni di tre province messe insieme, Lecce, Brindisi e Taranto accomunate in un certo senso da uno spiccato odio per Bari. Una bandiera, insomma, in nome della quale la domenica pomeriggio diventa un godimento anche la notizia che il Bari sta perdendo e la domenica sera, nelle ore sacre della moviola, è un piacere sublime scoprire che al Lecce è stato negato un rigore (il dodicesimo) e al Bari ne è stato “regalato” uno. Il primo personaggio al centro di questa grande mischia è Franco Jurlano, presidente della società. Feroce oppositore della Lega calcio e del suo presidente democristiano Matarrese, ha recentemente presentato un’ esposto sulla cattiva amministrazione della Lega stessa, poi archiviato. Ora è sempre più deciso a vendere. Gli avvocati stanno trattando. Probabili acquirenti una banca e alcuni imprenditori. Cifra su cui si discute, dieci miliardi circa. Perchè Jurlano passa la mano? Perchè la città è ormai tutta contro di lui. Perfino gli ultras lo contestano. Ma soprattutto perchè Jurlano (“uomo non propriamente allevato a Oxford” dicono le malelingue) ha ormai contro di sè tutti i politici locali e tutto l’ establishment del calcio. In periodo elettorale si appoggiò a Ettore Giardiniero allora potente sindaco dc di Lecce. Un consigliere della squadra “allungò” a Giardiniero anche alcuni “contributi” elettorali. Giardiniero abbracciò la causa del nuovo stadio facendone approvare in Comune la costruzione in quattro e quattr’ otto. Poi si scoprì che invece dei 50 mila posti previsti per la cifra di dieci miliardi, ne vennero effettivamente costruiti solo 45 mila e fu chiesto un altro esborso di tre miliardi. Si parlò di tangenti. Venne aperta una inchiesta e Giardiniero, nel frattempo sostituito sulla poltrona di sindaco dal compagno di partito, ma rivale di corrente, Salvatore Meleleo, ricevette una comunicazione giudiziaria. Da quindici giorni è in galera per fatti precedenti legati alla sua carica nell’ Istituto case popolari. Giardiniero era legato strettamente a Jurlano. Basti pensare che spesso i premi ai giocatori sono stati pagati dal comune mentre contributi a fondo perduto venivano anche dalla provincia. Sempre in nome di quella bandiera che è la squadra di calcio. Quando è salito al potere Meleleo, Jurlano è entrato nel “mirino”. Niente più contributi, nessun appoggio, e magari anche qualche “piccolo” controllo come quello in atto adesso sulla concessione che gli era stata data per il bar dello stadio. L’ aria, insomma, è pesante. “Jurlano – dice un personaggio che conta a Lecce – è un animale, in senso buono s’ intende: voglio dire che è tutto istinto, tutto fiuto e ha capito che il giocattolo a questo punto può solo peggiorare fino a rompersi. E così cerca di vendere prima che sia troppo tardi”. A sentire i commercialisti della città, la società è “sana” e “pulita”. “Dopo undici anni – dice Jurlano – sono stanco. Eppoi diciamoci la verità: non si può andare avanti così con designazioni e arbitraggi che sembra vogliano tartassare certe società del sud. Lei mi chiederà da cosa dipende tutto questo. Non lo so, posso azzardare: forse dal fatto che prima alla Can c’ era D’ Agostini, uomo del centro, ora c’ è Gussoni, uomo del nord. Ma guardi, provi e rivedere le registrazioni della Domenica sportiva e vedrà documentati tutti i rigori che ci sono stati negati, tutte le ammonizioni incomprensibili. Ci metta poi la faziosità di certi giornalisti della Rai, come accadde a Napoli, e si capisce che tutti ci vedono come il fumo negli occhi”. Pesante, ma Jurlano sui fatti di Napoli aggiunge di aver scritto lettere durissime a Zavoli e Agnes. Inimicatisi i politici, Jurlano è ai ferri corti con Matarrese e forse anche per Sordillo sta diventando scomodo. Ma possibile che questi ragazzi siano ultimi in classifica solo perchè un Grande Burattinaio ha deciso così? “Episodi oscuri ce ne sono tanti – dice l’ allenatore Fascetti – e per fortuna sono tutti registrati. Ma certo anche la squadra… Non c’ è grinta, non c’ è agonismo. Stiamo scontando molte cose tra cui anche l’ inesperienza di A di tutti i giocatori se si fa eccezione per Causio che comunque non è più un ragazzo. Non riesco a capire. Prendo i ragazzi, cerco di farli parlare, di capire perchè sono così demotivati. Macchè, non ne tiro fuori niente. Mi parlano solo di pallone, di sberleffi ricevuti dagli avversari, di ingiustizie subite dagli arbitri e basta. Il vero rospo non riescono a tirarlo fuori e così rimaniamo tutti con l’ incognita. Certo, lo so, adesso molta gente ride per quella faccenda del computer. Dicono: bravo lui e il suo cervellone. Troppo facile. Il computer è solo uno schedario, una memoria pronto impiego per conoscere tutti i dati che ci servono. Prima lo stesso lavoro si faceva a mano su delle schede. Se adesso fossimo avanti in classifica, tutti direbbero: però, bravo quel Fascetti, usa il computer. Cretinate. Il fatto è che nei momenti di crisi tutti sono buoni a sparare e qualunque arma è facile da usare. Ma non risolve i problemi. Sono d’ accordo col presidente che non si può andare avanti con arbitraggi come quelli che abbiamo avuto. Ma la classe arbitrale è… incontrollabile. Vogliamo dire così? Comunque, lasci finire il campionato e poi apriamo un bel dossier perchè certe cose è bene si sappiano nell’ interesse di tutti. Pisa, Genova, Firenze, Milano… eh, ne sono accaduti di fatti strani”. Ieri si è dimesso anche il sindaco Meleleo e la città si appresta a vivere lunghi giorni di “ordinaria amministrazione”. Ma sul naso di Jurlano continua a soffiare un libeccio impetuoso. I bei tempi di Giardiniero sono finiti e non tornano più. In una città riflessiva e un po’ pigra, ma non disattenta, si è capito in ritardo che il giocattolo calcio non si poteva lasciare in poche mani. Ora tutti vogliono cavalcare una tigre che nel frattempo sta perdendo denti e artigli. Le battute nei bar sono feroci e non risparmiano nessuno. Ma non tanto per lo spettro della serie B, quanto per la rabbia verso i baresi e verso chi, nell’ arrembaggio a questa splendida città, ha finito col guastare l’ unico giocattolo che poteva dare lustro a livello nazionale. Perchè se i cinquemila posti mancanti allo stadio sono stati dimenticati la gente non dimentica che il palazzetto dello sport, la pista di atletica, l’ ospedale, la rivalutazione del barocco e delle opere d’ arte, la promozione di un nuovo turismo restano sempre negli angoli di scaffali polverosi. Mancano sempre due lire per completare un’ opera decente e quando la si completa si scopre, come per la riverniciatura di storici palazzi, che si è usata la pittura sbagliata.

dall’inviato de”La Repubblica” CARLO MARINCOVICH pubblicato in data 4 gennaio 1986.

Tratto dall’archivio de”La Repubblica”.