Norme e incompatibilità nelle partecipazioni dello stesso soggetto in più Società sportive, sia in qualità di socio che nel ruolo di dirigente del club

Squadre “B”, “multiproprietà” e interessi di importanti club di Serie A in società di categorie minori: da vero e proprio tabù, quasi fenomeno da contrastare, le sinergie tra sodalizi di diverse categorie sono, ormai, da più parti viste, con molteplici sfaccettature, come il futuro del calcio. Dall’epoca di Luciano Gaucci, Franco Sensi e Calisto Tanzi, allorquando si formavano vere e proprie “holding”, agli attuali propositi di “ritorno al passato” esternati dai vertici FIGC, certamente calmierati rispetto a quegli anni, il reticolato normativo è profondamente cambiato, spesso e volentieri subendo interventi “d’urgenza e di emergenza”, con il risultato di creare confusione tra gli operatori di settore e gli addetti ai lavori relativamente al delicato profilo delle incompatibilità e reali preclusioni in materia.

LO STATUTO, DIVIETO DI CONTROLLO SIMULTANEO TRA I PRO
L’art. 7 dello Statuto federale affronta in maniera piuttosto esauriente la problematica, prevedendo, al comma 7, il principio generale, secondo cui “non sono ammesse partecipazioni, gestioni o situazioni di controllo, in via diretta o indiretta, in più società del settore professionistico da parte del medesimo soggetto”. La norma dello Statuto, pertanto, non impedisce la titolarità di quote o partecipazioni in più società professionistiche, bensì limita il divieto alla contemporanea posizione di controllo su due club, ragion per cui ogni singola fattispecie (eccettuata l’evidente illiceità della situazione in cui lo stesso soggetto detenga la maggioranza assoluta delle quote/azioni/partecipazioni di due differenti compagini) deve essere valutata molto attentamente.

DISTINZIONE TRA SETTORI
Entrando più nello specifico, il testo costitutivo della F.I.G.C. opera una distinzione tra settori, stabilendo, ai commi 8 e 9, che “nessuna società del settore professionistico può avere amministratori o dirigenti in comune con altra società dello stesso settore. Nessuna società del settore professionistico può avere collegamenti o accordi di collaborazione, non autorizzati dalla Lega competente e non comunicati alla FIGC, con altra società partecipante allo stesso campionato. 9. Nessuna società partecipante a campionati della LND può avere soci, amministratori o dirigenti in comune. Nessuna società del settore dilettantistico può avere collegamenti o accordi di collaborazione, non autorizzati dalla LND e non comunicati alla FIGC, con altra società partecipante allo stesso campionato”.
Infine, lo Statuto opera una sorte di “riserva normativa”, disponendo, al comma 10, che “i regolamenti federali disciplinano i casi di conflitto di interessi e stabiliscono le relative conseguenze o sanzioni nel rispetto dell’art. 29, comma 5”.
Conseguentemente, fatto salvo quanto disposto dalle altre fonti federali, lo Statuto non preclude ad un soggetto appartenente al settore professionistico (tantomeno ad una società sportiva professionistica) di possedere partecipazioni, anche di maggioranza, di un club militante nella sfera dilettantistica e giovanile, né ad uno stesso dirigente di ricoprire cariche in entrambe le compagni.

LE N.O.I.F.
Le Norme organizzative interne sviluppano l’argomento nel capo intitolato ‘Le Società’ (art. 14-23), all’interno del quale si trova l’art. 16bis, oggetto di numerosi cambiamenti nel corso del tempo, oltre ad avere dato vita ad accese dispute avuto riguardo alla corretta interpretazione.

L’ART. 16BIS
Detta disposizione prevede, estendendo la preclusione sancita dallo Statuto, che “non sono ammesse partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica o al campionato organizzato dal Comitato Interregionale”, estendendo, così, anche al massimo campionato dilettantistico il divieto già previsto dallo Statuto per il settore professionistico.

Proseguono, le N.O.I.F., con l’intento di definire il principio introdotto dall’art. 7 dello Statuto e dell’art. 16bis N.O.I.F., stabilendo che “ai fini di cui al comma 1, un soggetto ha una posizione di controllo di una società o associazione sportiva quando allo stesso, ai suoi parenti o affini entro il quarto grado sono riconducibili, anche indirettamente, la maggioranza dei voti di organi decisionali ovvero un’influenza dominante in ragione di partecipazioni particolarmente qualificate o di particolari vincoli contrattuali”.
La definizione di “posizione di controllo” fornita dalle N.O.I.F. appare di sicuro interesse, atteso che estende tale condizione anche alla valutazione di “particolari vincoli contrattuali”, che possono essere i più disparati: deleghe di rappresentanza, patti parasociali o addirittura, secondo l’interpretazione della Procura Federale, contratti di sponsorizzazione, purché di rilievo tale da determinare un’influenza decisiva sulla gestione della società.

Merita, in questa sede, richiamare il precedente che vide deferite le società SS Cassino Srl e Salernitana Calcio 1919 Spaper violazione dell’art. 16bis, in quanto ‘il M., con rogito 28.6.2007, aveva acquistato quote sociali della società Cassino pari al 75% derivandone con ciò il controllo della stessa in ragione della maggioranza dei voti di organi decisionali (l’assemblea dei soci). Essendo, inoltre, di tutta evidenza che egli, sempre secondo quanto statuito dal citato comma 2°, aveva acquisito anche il controllo della società Salernitana attraverso la partecipazione particolarmente qualificata e con particolari vincoli contrattuali. Evidenziava, infatti, che in data 29.10.2007 il M., con società che avevano riferimento a sé stesso, a suoi parenti e affini entro il quarto grado, aveva acquistato il 30% della società Salernitana ed ancora poiché il 1° ed il 20 Aprile 2008 erano stati stipulati i contratti di sponsorizzazione necessari per evitare la ricapitalizzazione della stessa, assumendo, egli, il pieno controllo sia del Cassino che della Salernitana”.

La Commissione Disciplinare Nazionale FIGC, con decisione pubblicata su C.U. n. 31/CDN del 26 ottobre 2009, fornì una lettura interpretativa della norma più elastica rispetto al capo di incolpazione, statuendo che “non ricorrono nella fattispecie in esame quegli elementi univoci, precisi e concordanti tali da determinare un giudizio di responsabilità dei soggetti deferiti. Sotto tale profilo, non è sufficiente, come sostiene la Procura, la sottoscrizione dei contratti di sponsorizzazione e il trasferimento di un certo numero di calciatori tra le due società coinvolte, per dimostrare la vietata “influenza dominante” e per attribuire alla famiglia M. il controllo diretto della Salernitana, o meglio “una sorta di controllo economico per l’entità dei ricavi delle sponsorizzazioni”. Ciò in quanto non è sufficiente, come per il controllo societario, una mera situazione di fatto, quanto piuttosto occorre la prova di condotte mediante le quali tali influenza si sarebbe manifestata. Sennonché, è proprio la manifestazione della censurata influenza dominante che la Procura ha omesso di (o non ha potuto, suo malgrado) accertare. Le predette circostanze, per quanto ammantate da un indubbio alone di sospetto e di oscurità circa la reale volontà dei deferiti, e come tali da censurare soprattutto perché poste in essere da soggetti tesserati che peraltro rappresentano società sportive, non sono tuttavia sufficienti, a giudizio di questa Commissione, per giungere ad un inoppugnabile provvedimento sanzionatorio”.

LA RECENTE MODIFICA DELL’ART. 16BIS., E LE PROSSIME?
Di assoluto rilievo, in punto di disciplina delle cd. “multiproprietà”, il Comunicato Ufficiale n. 7/A del 9 luglio 2013, che ha, di fatto, legittimato il controllo di più società, anche per le categorie professionistiche e nel massimo campionato dilettantistico, qualora detta situazione sopravvenga per “fatti non riconducibili alla volontà dei diretti interessati” (ad esempio, in caso di promozioni a categorie superiori di club detenuti da soggetto già controllante altra compagine allorquando militavano in tornei minori), purché la fattispecie non determini la presenza, nella stessa categoria, di due società aventi lo stesso “controllo” o titolarità.
La F.I.G.C. motivava, nel testo di presentazione della modifica, pubblicato sullo stesso Comunicato ufficiale, la forte attenuazione nella disciplina delle “multiproprietà” con le seguenti ragioni: “in considerazione del contesto di recessione economica che ha colpito l’intero paese e che ha inevitabilmente determinato il disimpegno di molti imprenditori nelle realtà calcistiche delle serie professionistiche di categoria inferiore; tenuto conto che soci di club di Serie A hanno manifestato interesse per categorie inferiori, intendendo attuare investimenti in detti ambiti, da un lato per favorire la rinascita di realtà calcistiche in città di grande tradizione sportiva e dall’altro per implementare progetti diretti allo sviluppo del calcio giovanile; ritenuto che acquisizioni tali da determinare un controllo societario, possano essere consentite soltanto in ambito dilettantistico e che la successiva promozione per meriti sportivi dal dilettantismo al professionismo da parte di una società controllata da soggetto che detiene il controllo di altra società in Serie A, debba essere considerata a tutti gli effetti, situazione sopravvenuta e non dipendente dalla volontà del soggetto interessato; ravvisato opportuno, alla luce delle ragioni esposte, promuovere e favorire la realizzazione di tali progetti, purché sia sempre garantita la regolarità delle competizioni sportive e quindi vietando la partecipazione ai medesimi campionati di società che si trovano nelle suddette condizioni; ritenuto, in linea con lo spirito che deve sottendere la concreta applicazione della norma nel nuovo contesto socio- economico del paese, di poter apportare una modifica al testo dell’art. 16 bis delle N.O.I.F.”.

Proprio per effetto di tale apertura, che generò non poche polemiche da parte di numerosi addetti ai lavori, la disciplina sanzionatoria introdotta dall’art. 16bis delle NOIF statuisce, oggi, che (commi 3 e 4) “l’inosservanza del divieto di cui al comma 1 costituisce illecito e comporta su deferimento della Procura Federale, l’applicazione delle sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva. L’avvio del procedimento disciplinare comporta la sospensione dei contributi federali, da revocarsi in caso di pronuncia definitiva, favorevole alle società. Permanendo l’inosservanza del divieto di cui al comma 1 alla scadenza del termine, annualmente fissato, per la presentazione della domanda di iscrizione al campionato, le società oggetto di controllo non sono ammesse al Campionato di competenza e decadono dai contributi federali. 4. Non si dà luogo alle sanzioni di cui al comma 3, qualora il controllo derivi da successione mortis causa a titolo universale o particolare, o da altri fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati. Qualora sopravvengano, per i suddetti motivi, situazioni tali da determinare in capo al medesimo soggetto situazioni di controllo diretto o indiretto in società della medesima categoria, i soggetti interessati dovranno darne immediata comunicazione alla FIGC e porvi termine entro i 30 giorni successivi“. Pertanto, a seguito della modifica intervenuta nel luglio 2013, nonostante vi siano disposizioni-precetto che vietano tout court la ‘multiproprietà’ nel settore professionistico (art. 7 Statuto federale), estendendo tale preclusione ai campionati dilettantistici nazionali (art. 16bis, comma 1, NOIF), le norme-sanzione non ne prevedono la punibilità nel caso in cui dette fattispecie derivino da ‘successione mortis causa a titolo universale o particolare, o da altri fatti non riconducibili alla volontà dei soggetti interessati’, a meno che i due club si trovino nella stessa categoria (evento in cui la sanzione scatterebbe comunque).

Sorgono, a fronte di quanto sin qui esposto, significative perplessità derivanti dalla sostanziale incompatibilità tra lo Statuto Federale (norma di rango superiore), che preclude in ogni caso la “multiproprietà” nel settore professionistico’ e le NOIF (fonte di grado inferiore), che non la ritengono meritevole di sanzione ricorrendo determinate circostanze, ragione per cui sembrerebbe quanto mai opportuna una riforma organica dell’istituto, che prenda le mosse dall’art. 7 dello Statuto, certamente da rivedere nella sua intera formulazione, in particolare tenendo presente l’orientamento dei massimi vertici FIGC, come poc’anzi descritto.

CONCLUSIONI
In conclusione, si può affermare che l’attuale quadro normativo in materia di partecipazioni dello stesso soggetto in più società, quale socio o anche soltanto come dirigente, appaia incompleto, poco coordinato e probabilmente superato rispetto all’orientamento federale ed alla prassi che si sta diffondendo tra i club, specie minori, sempre più bisognosi di reperire forme di sostentamento che non provengano da disinteressati mecenati. Conseguentemente, è auspicabile una ragionata riforma organica che consenta di regolamentare in maniera più chiara e dinamica le sinergie tra sodalizi appartenenti alle diverse Leghe e, allo stesso tempo, limiti situazioni di conflitto di interesse, salvaguardando la regolarità delle competizioni.

Approfondimenti > LO STATUTO IN AMBITO DILETTANTISTICO
Lo Statuto non pone alcun divietoin seno alla L.N.D., circa il fatto che una società professionistica possa controllarne una dilettantistica, atteso che lo Statuto – la cui cogenza peraltro, come detto, è per certi casi mitigata dalla nuova formulazione delle NOIF – nulla dice in merito a sinergie tra club “Pro” e società appartenenti alla Lega Nazionale Dilettanti.
Occorre, però, considerare le norme sull’incompatibilità di tesseramento previste per i dirigenti, che, come noto, ai sensi dell’art. 21 NOIF ricomprendono “gli amministratori e tutti i soci che abbiano comunque responsabilità e rapporti nell’ambito dell’attività sportiva organizzata dalla F.I.G.C.”, per capire come sia necessario riporre la massima attenzione nell’instaurazione di rapporti tra società professionistiche e dilettantistiche.

Premesso, quindi, come detto, che il socio o l’amministratore di una società sono automaticamente qualificati ‘dirigenti’, giova por mente al comma 4 dello stesso art. 21 NOIF, in forza del quale “i dirigenti delle società non possono essere tesserati quali calciatori o tecnici né assumere la qualifica di dirigente o di collaboratore in altra società associata nella stessa Lega o che svolga attività esclusivamente nel Settore Giovanile e Scolastico”.
Trascurando l’assoluta incompatibilità tra il tesseramento come calciatore e quello di tecnico, emerge dalla lettura della predetta disposizione che un dirigente (quindi anche il socio di una società professionistica) non può tesserarsi per due società appartenenti alla stessa Lega (nel rispetto dell’art. 7 dello Statuto, che vieta allo stesso soggetto di controllare due club del settore dilettantistico), ma neppure per altra compagine “che svolga attività esclusivamente nel Settore Giovanile e Scolastico“.

Conseguentemente, l’interpretazione del combinato disposto del comma 1 e del comma 3 dell’art. 21 delle NOIF sembrerebbe impedire allo stesso soggetto di detenere partecipazioni o incarichi in una società professionistica e, al contempo, in un’altra di puro settore giovanile.
Anche sotto tale profilo, sarebbe opportuna, ad avviso di chi scrive, una revisione regolamentare, preliminarmente per coordinare le NOIF allo Statuto Federale, in secondo luogo onde consentire alle compagini di settore giovanile di veicolare finanziamenti e risorse dai club professionistici e, allo stesso tempo, continuare a svolgere attività di formazione di giovani calciatori.
Fonte: Il  Calcio Illustrato

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