L’acqua come elemento primario. Il tuffo come simbolo di libertà.
Ora più che mai ognuno di noi sente il bisogno di trovare il suo equilibrio interiore, quell’angolo di serenità per potersi esprimere al meglio. Tenuto poi conto del periodo pandemico che ci sta limitando da oltre un anno, ritagliarsi del tempo è un vero e proprio affaccio alla normalità.
Questo tempo c’è chi lo cerca tra le corsie di una piscina chi su un trampolino.
Il trampolino può celare molti significati, c’è la paura per il debutto, il tremore per l’esordio, l’ansia fortissima di un passo sbagliato, soprattutto se a compierlo è un atleta paralimpica senza una gamba.
Ma tra il tuffo alla partenza ed il traguardo entrando in acqua, in mezzo c’è tutto il resto.
E tutto il resto significa allenamento. Giorno dopo giorno, salto dopo salto, lacrima dopo lacrima, sacrificio dopo sacrificio.
Questa somma di emozioni ce le può raccontare solo lei: Roberta Piovesan. Prima nuotatrice per la Società Santa Lucia di Roma poi per la S.S. Lazio nuoto ora tuffatrice paralimpica per l’Asd M.R. Sport dei Fratelli Marconi.
Roberta come ti sei avvicinata al trampolino?
“Dunque, tutto è nato quasi per caso, circa tre anni fa. Ero a cena con Sofia Zanin e Marika Russo con le quali condivido una fortissima amicizia e la passione per il nuoto. Parlando mi hanno convinta a fare una prova e capire se il trampolino facesse per me visto che io soffro di vertigini. Andai e … fu amore a prima vista. La paura passò in secondo piano, quello che invece sentii fu una grandissima adrenalina. Adoro la sfida e ne sono sempre alla ricerca, tant’è che del nuoto ho sempre amato le staffette, quel rimanere con il fiato sospeso mi ha sempre dato la carica nel fare meglio”.
Da quanto tempo non gareggiavi? Cosa hai provato domenica?
“Non gareggiavo da questa estate. Il primo dei quattro tuffi che ho eseguito domenica è stato destabilizzante e detto tra noi, non proprio bellissimo. La prima cosa che mi sono detta è stata: ‘Roberta, mi raccomando non cadere’. Lo dice sorridendo, con quel sorriso pieno che la contraddistingue – “Poi ho focalizzato il mio punto fisso, ho contratto tutto il mio corpo ed ho pensato alla persona della mia vita: mia figlia. E tutto ha preso la sua meravigliosa forma, fluida, semplice e lineare”.
Ma facciamo un passo indietro.
Come sei arrivata al nuoto paralimpico?
“A diciassette anni ho avuto un cancro al ginocchio, i medici hanno tentato il tutto per salvarlo da un’amputazione, ma evidentemente le cose dovevano andare diversamente. Infatti quattro anni dopo, all’età di 23 anni ho subìto un incidente stradale dove ho perso la gamba sinistra. E da lì sono nate nuove amicizie ed opportunità.
Ho intrapreso il nuoto paralimpico prima come riabilitazione poi come disciplina agonistico. Chiamai Riccardo Vernole, attuale DT della Nazionale Italiana di Nuoto Paralimpico. Grazie ai suoi preziosi consigli ho messo piede in acqua. Con tenacia e pazienza sono arrivata dove sono ora. La strada di certo è lunga, ma io sono in carreggiata e nessuno mi fermerà più. D’altronde amo le sfide e sono pronta ad affrontarne molte, chiaramente in acqua”.
Determinata, motivata e molto esigente. Questa è Roberta Piovesan. La sua giovane allenatrice, Paola Flaminio, che di lei dice:” È una forza della natura. È una madre, una moglie, una gran lavoratrice e come se non bastasse due volte a settimana viene ad allenarsi. Dovrebbe essere d’ispirazione per tutte le ragazze! È instancabile e sempre sorridente. Più volte durante gli allenamenti sprona i compagni di squadra a superare le loro paure e a provare tuffi nuovi e sempre più difficili. Si mette costantemente alla prova e se c’è un tuffo difficile da fare non si tira mai indietro. Ha voglia di migliorare ogni giorno a costo di dare qualche panciata o schienata (che nei tuffi sono inevitabili). In due anni è riuscita a migliorare tantissimo con solo due allenamenti a settimana… sono sicura che se avesse più spazio tra un anno sarebbe già in grado di fare la gara anche da 5 metri”.
Un commento alla gara di domenica 21 marzo: “È stata super! Era la prima volta che gareggiava non da fuori gara e ciò nonostante non si è fatta prendere dall’emozione. Ha saltato con grinta e determinazione ma senza scordarsi il sorriso. Sapeva che poteva fare bene e l’ha dimostrato lasciando tutti a bocca aperta”.